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giovedì 31 gennaio 2013

Bite marks

Ricostruire le iterazioni tra le diverse specie abitanti un ecosistema perduto è un'impresa disperata, spesso destinata a sfociare in mere supposizioni soggettive o speculazioni, poiché difficilmente dai fossili emergono prove capaci di dimostrare rapporti di qualsivoglia natura tra animali estinti da sessantacinque milioni di anni.
Tuttavia la Hell creek Formation americana è una straordinatia, poiché da essa sono emersi diversi fossili recanti segni di scalfiture sulle ossa riconducibili a morsi, che suggeriscono ai paleontologi quali animali si scontrarono nel Maastrichtiano nell'eterna battaglia per la vita.
Essendo Tyrannosaurus rex l'unico predatore rinvenuto nella formazione con un morso capace di frantumare le ossa l'identità del ''colpevole'' è immediatamente intuibile, e dimostrabile attraverso analisi comparative tra i denti del teropode ed i segni impressi nelle ossa fossilizzate.
Ho già parlato degli aspetti emersi dalle analisi effettuate da Fowler et al. (2012) sui campioni appartenuti ai ceratopsidi, ma questi non sono gli unici corpi del reato, anzi, esistono diversi fossili di ornitopode, riconducibili alla specie Edmontosaurus annectens (sulla base della riclassificazione effettuata da Campione ed Evans nel 2009) recanti segni di morsi sullo scheletro.
Tra i reperti più significativi una mandibola ed una coda articolata che oltre a presentare le scalfiture derivanti dai morsi del predatore mostrano evidenze di calcificazione delle ossa che suggerisce che gli animali sopravvissero all'attacco.
Questi fossili quindi sono prove dirette di un rapporto preda/predatore tra due specie vissute in un ecosistema estinto da milioni di anni.
Esistono poi diverse altre evidenze fossili tra cui un omero e diverse vertebre recanti ulteriori segni di morsi ma non di cicatrizzazione, che suggeriscono che molti ornitopodi non ebbero fortuna nel loro incontro con le mascelle del predatore, o che quest'ultimo si sia cibato delle loro carcasse.

Sotto- ricostruzione paleoartistica di un Edmontosaurus annectens morso alla coda da Tyrannosaurus, realizzato sulla base di una coda fossile di Edmontosaurus recante segni di morsi oggi custodita al Denver Museum of Nature and Science.

Fight like a dinosaur

Perché non servono "mani artigliate" per un combattimento tra teropodi!

mercoledì 30 gennaio 2013

Ma che vertebre grandi che hai !

Il mito del super-sauropode è un leitmotiv che accomuna paleontologi e paleoappasionati sin dal secolo scorso; tanto che il fascino esercitato dai primi ritrovamenti fossili di dinosauri derivava proprio dalle loro dimensioni.
Non stupisce quindi che anche oggi uno dei topic più dibattuti riguardi proprio l'individuazione del "gigante tra i giganti", con diverse correnti di pensiero che individuano il più grande animale che abbia mai calcato il suolo terrestre in questa o in quella superfamiglia di sauropodi.
In generale comunque uno dei candidati più papabili a divenire l'icona del gigantismo mesozoico è Amphicoelias fragillimus, un diplodocoide proveniente dalla Morrison Formation descritto da Cope nel 1878.
Come molti altri giganti però A.fragillimus è noto solo per pochissimi resti, e nel caso particolare solo per un arco neurale, ossia la parte posteriore di una vertebra,  attribuibile, per la sua morfologia, alla nona o decima vertebra dorsale (le più grandi presenti nei sauropodi)
L'arco neurale in questione tuttavia presenta dimensioni da record, con un'altezza di 1500 millimetri, ed una conseguente dimensione dell'intera vertebra stimata intorno ai 2700 mm.
Inoltre, a causa della laminazione della vertebra (tipica dei grandi sauropodi) e delle scarse possibilità di preservazione dei fossili nell'800 il reperto si sgretolò, e tutto ciò che ci resta di A.fragillimus sono riproduzioni su carta dell'arco neurale associato e gli studi condotti da Cope.
Sulla base di questi scarsissimi elementi la stessa appartenenza del reperto al genere Amphicoelias è dubbia.
La specie tipo di tale genere infatti è Amphicoelias altus (Cope 1878), un diplodocoide fortemente affine a Diplodocus dal quale differisce per limitate caratteristiche morfologiche degli arti, tra cui un femore lungo e sottile avente sezione tondeggiante e zampe anteriori proporzionalmente più lunghe.
Le informazioni ricavabili dalla specie tipo quindi non permettono una classificazione ottimale del reperto, inoltre il paleontologo Andrea Cau inserendo le informazioni relative ad A.fragillimus nell'analisi filogenetica di Withlock del 2011 ( http://theropoda.blogspot.it/2012/01/amphicoelias-fragillimus-e-un.html) ha ottenuto un risultato politomico, che presenta molteplici percorsi di classificazione della specie.
Basandosi sul luogo di ritrovamento e sull'età del fossile (Colorado/ Giurassico superiore) però è plausibile ipotizzare che esso sia appartenuto ad un colossale esemplare di Diplodocus longus (= Seismosaurus hallorum- vedi post precedente), stimabile intorno ai 40/45 metri di lunghezza (variazione dovuta alla collocazione della vertebra come nona o decima dorsale)sulla base del femore di Diplodocus, più corto rispetto al corrispettivo di A.altus come precedentemente citato.
Se così fosse anche le stime riguardanti il peso dell'animale dovrebbero essere ribassate sulla base della tipica costituzione leggera di Diplodocus e la presenza nel loro scheletro di sacche d'aria atte ad alleggerirli.
I resti fossili attribuiti a Seismosaurus ed Amphicoelias sarebbero quindi le uniche testimonianze giunteci dal Tempo Profondo della più lunga specie animale che abbia mai camminato sul nostro pianeta, ospitata 150 milioni di anni fa nell'area dell'attuale Colorado.

Sotto-L'arco neurale di Amphicoelias fragillimus

lunedì 28 gennaio 2013

Doppia trave

Uno dei generi più fortemente rappresentativi del Giurassico è Diplodocus, un sauropode relativamente leggero avente collo e coda lunghissimi, formati rispettivamente da 15 vertebre cervicali ed addirittura oltre 80 vertebre caudali, vissuto 150/145 milioni di anni fa in nordamericana.
A questo genere sono ascritte quattro specie, tutte provenienti dalla Morrison Formation americana.
La specie tipo è Diplodocus longus, descritta da Marsh nel 1878 e nota attraverso una serie di scheletri incompleti e due crani è relativamente poco conosciuta, ma si stima potesse raggiungere dimensioni notevoli, con una lunghezza dell'ordine dei 30 metri pur mantenendo un peso contenuto tipico della famiglia dei diplodocidi.
La specie meglio conosciuta è  D.carnegii (Hatcher 1901), nota tramite scheletri quali completi, la quale presenta spine neurali alte ed inclinate posteriormente nelle vertebre caudali, oltre ad una differente morfologia e dimensione delle ossa pelviche rispetto alla specie tipo (Gilmore 1932).
Grazie alla mole di reperti associati alla specie è stato possibile ricostruire in maniera accurata lo scheletro di Diplodocus, e sulla base dei dati emersi dai fossili intuirne l'ecologia (almeno nelle sue linee generalissime).
Il range di movimento del collo dell'animale infatti era ampio lateralmente, molto ridotto verticalmente, tanto che esso non poteva essere inclinato oltre i trenta gradi, e quindi doveva essere tenuto in modo orizzontale rispetto al terreno.
La terza specie, una delle più interessanti almeno secondo il sottoscritto, è Diplodocus hayi, conosciuto tramite uno scheletro parziale rinvenuto nel Wyoming da Utterback nel 1902 e descritto da Holland solo dodici anni dopo.
Il motivo per cui questo reperto è così interessante è presto detto, D.hayi infatti presenta un mix unico di caratteristiche diplodocinae  ed apatosaurinae, infatti mentre le vertebre sono molto simili a quelle delle specie conosciute, il postcraniale ( unica parte rinvenuta del cranio dell'animale) appare insolitamente simile a quella di Apatosaurus ajax, discostandosi per morfologia e proporzioni dai postcraniali attribuiti a Diplodocus.
Inoltre in base alla lunghezza ed alla sezione trasversale del femore il peso stimato di D.hayi è di quasi 15 tonnellate, nonostante l'esemplare fosse probabilmente un subadulto, suggerendo che esso fosse più massiccio delle specie precedentemente descritte (carattere che avvicina ulteriormente Diplodocus hayi ad Apatosaurus).
L'ultima specie assegnata al genere è Diplodocus hallorum , meglio noto al grande pubblico come Seismosaurus, famoso per essere uno dei dinosauri noti più lunghi, con 35 metri dal muso alla punta della coda a frusta.
Nel 2006, Lucas et al. istituirono la specie D.hallorum sulla base delle profonde somiglianze scheletriche tra l'olotipo di Seismosaurus (NMMNH P-3690)e le altre specie del genere Diplodocus.
Eppure la parentela tra questi animali potrebbe essere ancora più stretta, infatti nonostante le ossa attribuite a Seismosaurus furono rinvenute da Gillete nel New Mexico esse appaiono quasi indistinguibili da quelle attribuite alla specie tipo,Diplodocus longus, e rinvenute in Colorado.
In accordo con questo dato è probabile quindi che NMMNH P-3690 sia da riferire ad un esemplare pienamente maturo di D.longus, e che le specie riferibili al genere siano solo meno rispetto a quanto precedentemente ipotizzato.

sabato 26 gennaio 2013

Pesi Massimi!

Le stime di peso effettuate su Tyrannosaurus rex da Hutchinson negli ultimi mesi del 2011, tramite la scansione laser di cinque scheletri (tra i meglio conservati della specie) e la  conseguente creazione di modelli computerizzati di Tyrannosaurus in vita,hanno suggerito che gli esemplari di questa specie pesaserro mediamente otto tonnellate, e che gli individui più grossi potessero superare le nove tonnellate.
Questo dato, quasi incredibile, si pone in netta contrapposizione rispetto al calcolo del peso effettuato tramite la misurazione del femore dell'animale, che indicava per esso un peso compreso tra le quattro e le cinque tonnellate.
Eppure il femore di T.rex, pur essendo mediamente lungo oltre un metro e venti centimetri, è incredibilmente robusto, e se comparato con il quello lungo 154 cm di Diplodocus carnegii, Sauropode nordamericano lungo 27 metri e con un peso stimato tra le 12 e le 18 tonnellate, appare che esso sarebbe stato in grado di sostenere per il 78% il peso dell'animale, dimostrando che la stima di otto/nove tonnellate sarebbe perfettamente compatibile con la morfologia di Tyrannosaurus.
Sulla base di questi dati e conoscendo la lunghezza del femore di un altro teropode gigante, noto per reperti molto più frammentari, si potrebbe ri-stimare il peso di Carcharodontosaurus saharicus.
Il femore dell'olotipo di C.saharicus rinvenuto nella Baharija Formation (Egitto) misura un metro e ventisei cm (fonte: Theropod database), lunghezza simile al femore di T.rex, e si potrebbe quindi ipotizzare che, se fosse possibile fare una scansione di uno o più scheletri di Carcharodontosaurus esso risulterebbe avere una mole simile a quella del teropode americano.
Tuttavia in base ai fossili rinvenuti, un cranio incompleto mancante del premascellare, del quadrato giugale e dello squamoso, diversi denti (relativamente superflui al fine della nostra analisi) alcune vertebre cervicali, parte del pube e dell'ischio e poche vertebre caudali, abbiamo l'immagine di un predatore meno massiccio rispetto a Tyrannosaurus, in accordo con il grado di parentela che lega i Carcharodontosauridi ad altri teropodi relativamente leggeri come Allosaurus.
È quindi probabile una massa dell'ordine di otto tonnellate sia esagerata per Carcharodontosaurus e forse per tutti i Carcharodontosauridi noti, e che un peso di 5 tonnellate sia più realistico e comparabile con la morfologia della lucertola dai denti di squalo.

venerdì 25 gennaio 2013

Tyrannosaurus imperator

Uno degli argomenti più dibattuti in rete riguarda le dimensioni massime raggiungibili da Tyrannosaurus rex.
FMNH PR 2081, uno scheletro completo per il 70% ed appartenente al morfotipo robusto attribuito alla specie, ci permette di stimare per gli esemplari adulti una lunghezza di 13 metri per 4 metri di altezza alle anche.
Tuttavia esistono diversi resti frammentari che indicherebbero l'esistenza di esemplari di dimensioni ben maggiori, il più citato dei quali è sicuramente UCMP 137538, ossia un metatarso frammentato del 20% più grosso rispetto al corrispettivo di FMNH PR 2081, ossia Sue.
Sulla base di questo dato si potrebbe speculare l'esistenza di un individuo di T.rex avente una lunghezza superiore ai 14 metri (foto sotto).
Eppure tentare un'operazione del genere è molto pericoloso, in quanto stimare in maniera efficace la taglia di Tyrannosaurus partendo da poche ossa rischia di portare a clamorosi flop.
All'interno della specie Tyrannosaurus rex infatti esiste un range molto vario di proporzionalità individuale, per cui il fatto di trovare ossa del 15 o 20% più grandi della media non implica come conseguenza che l'esemplare a cui appartenessero fosse altrettanto grande.  FMNH PR 2081 ad esempio possiede un diametro di 27cm per la diciannovesima vertebra presacrale, mentre MOR 980 presenta per la stessa vertebra un diametro di soli 19 cm , eppure i due esemplari hanno dimensioni simili, comprese tra i 12 ed i 13 m.
Proprio questo ampio range proporzionale unito alla presenza di due morfotipi di Tyrannosaurus, uno più gracile ed uno più robusto sta alla base di Tyrannosaurus imperator, una specie mai descritta ufficialmente basata sul ritrovamento di ossa pelviche di dimensioni eccezionali, appartenute però ad u esemplare di Tyrannosaurus rex non particolarmente lungo il cosiddetto C-Rex.
In definitiva è impossibile stabilire le reali dimensioni dell'esemplare cui appartenne UCMP 137538, ma è possibile affermare che con ogni probabilità in vita dovesse essere un grosso esemplare , forse più lungo e pesante di Sue, ma sicuramente non così enorme come raffigurato in alcune ricostruzioni.

Sotto- Sue ed un super-stimato UCMP 137538, il peso è basato sulle scansioni di Hutchinson (2011).

martedì 22 gennaio 2013

Stegosaurus armatus

Stegosaurus armatus è la specie tipo del genere Stegosaurus, descritto da Marsh nel 1877, sulla base di di YPM 1850, ossia una serie di vertebre caudali complete di spine neurali e chevron, parte del bacino e dell'ischio ed una grande placca dorsale frammentata.
Data la scarsezza dei reperti e la quasi totale assenza di caratteri diagnostici per  i paleontologi è sempre stato molto complicato assegnare alla specie i fossili ritrovati, e ciò ha provocato una fioritura di specie all'interno del genere.
Tra esse la meglio conosciuta è Stegosaurus stenops, descritta dallo stesso Marsh nel 1887, sulla base di reperti più completi, che presenta 17 grosse placche dorsali di forma romboidale ed una massa stimata di tre tonnellate per sette metri di lunghezza.
Oltre queste Marsh descrisse altre due specie, S.ungulatus ( erroneamente ricostruito con otto aculei caudali provenienti da due diversi esemplari di Stegosaurus) ed S.sulcatus, dotato di placche dorsali proporzionalmente più piccole rispetto ad S.stenops e di forma vagamente triangolare (oggi considerata forma giovanile di S.armatus).
Nel 2008 Susannah Maidment e colleghi attuarono una revisione del genere Stegosaurus, al termine del quale dichiararono valida la sola specie tipo, S.armatus, a cui affiancarono lo stegosauride primitivo Hesperosaurus mjosi, rinominandolo S.mjosi.
Tale conclusione appare però troppo semplicistica, in quanto allarga il range di differenze intraspecifiche presenti in Stegosaurus in maniera inverosimilmente esponenziale, siano esse dovute a stadi di crescita o dimorfismo sessuale.
Lo stesso Stegosaurus armatus inoltre è da molti considerato nomina dubbia data la frammentarietà dei reperti.
Tuttavia nel 2004 il paleontologo Bob Simon rinvenne in un ranch del Wyoming un esemplare di Stegosaurus completo per l'80%, e battezzato Sarah in onore della figlia del proprietario del ranch.
Questo esemplare, un subadulto lungo sei metri, è stato assegnato alla specie Stegosaurus armatus e presenta una serie di caratteristiche straordinarie.
Innanzitutto Sarah è l'esemplare noto con il maggior numero di placche dorsali, infatti ne sono state rinvenute 18 ma appare chiara la mancanza della corrispettiva della placca più grande, quindi in vita l'animale ne avrebbe vantate almeno 19; inoltre esse presentano una forma variabile, con le strutture più grandi di forma "triangoleggiante" e le più piccole di forma romboidale, in accordo con le analisi istologiche di Hayashi et al (2012) secondo cui la forma delle piastre dorsali negli stegosauri sarebbe influenzata da fattori ontogenici.
Inoltre nel 2009 Massbrucker ridescrivendo YMP 1850 ha istituito sulla base dell'olotipo di Stegosaurus armatus un carattere diagnostico per la specie, ossia la presenza nelle vertebre caudali di spine neurali particolarmente robuste.
Sulla base di tali dati quindi le specie S.armatus ed S.stenops risultano non solo valide ma identificabili sulla base di alcuni caratteri diagnostici.
Sotto:
a) Stegosaurus stenops
b) Stegosaurus armatus