I fori circolari presenti nella mandibola dell'esemplare di Tyrannosaurus rex FMNH PR2081, informalmente chiamato "Sue", sono noti ai più, e probabilmente i lettori più informati sapranno che la causa di tali anomalie è stata individuata nell'infezione dell'animale da parte di un protozoo affine a Trichomonas gallinae, un agente patogeno che affligge tutt'oggi diversi generi di uccelli, causando corrosioni alla cavità orale e spesso portando alla morte degli individui infetti.
Tuttavia la presenza di tale patologia è molto più estesa, infatti dopo aver analizzato sessantuno crani di Tyrannosauridi provenienti dal Cretacico superiore nordamericano
Steven W. Salisbury ha riscontrato che nel 15% dei casi essi presentavano fori circolari del diametro compreso tra i pochi millimetri ed i cinque centimetri disposti in modo asimmetrico su uno od entrambi i lati della mandibola, riconducibili all'azione corrosiva della tricomonosi.
Dai risultati dell'analisi infatti è risultato che diversi taxa appartenenti alla famiglia dei Tyrannosauridi (Albertosaurus,Daspletosaurus,Tyrannosaurus) vissuti tra il Campaniano ed il Maastrichtiano contrassero una malattia simile a quella oggi trasmessa da T.gallinae.
Tale parassita può essere trasmesso tramite il contatto rostrale derivante da iterazioni tra individui della stessa specie (nei grossi Tyrannosauri è tipica la presenza di morsi sul muso derivanti da brutalità intraspecifica) o tramite l'accesso a fonti di cibo ed acqua infette, tuttavia la prima ipotesi appare più probabile sia a causa delle prove a noi pervenute riguardo l'agonismo intraspecifico presente nei Tyrannosauridi e nella sua espressione, sia per la difficoltà intrinseca nei parassiti portatori di tricomonosi di sopravvivere a lungo al di fuori di un ospite; tuttavia anche il cannibalismo e la nutrizione di animali infetti restano cause probabili di un eventuale contagio.
Inoltre nella maggioranza dei crani studiati le lesioni causate dalla patologia appaiono relegate nel margine caudale della mandibola, e questo è interessante perchè ci permette di ipotizzare che i predatori del Cretaceo possedessero una resistenza genetica alla tricomonosi, e che il loro sistema immunitario fosse in grado di tenere sotto controllo la malattia per lungo tempo, impedendo all'infezione di propagarsi ed evitando così di soccombere a causa dell'impossibilità di nutrirsi causata dalla grave infezione delle vie orali.
Un adattamento simile è osservabile oggi nei falchi che si nutrono principalmente di colombi, vettore primario di T.gallinae e conseguente infezione per questi animali, che presentano una naturale resistenza alla tricomonosi.
Naturalmente è impossibile verificare che l'infezione nei Tyrannosauri fosse provocata da T.gallinae, tuttavia esistono prove evidenti che una simile forma di tricomonosi flagellasse i Tyrannosauridi del Cretaceo superiore, ed è probabile che tale infezione aviana vide i suoi albori proprio durante questo periodo.
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giovedì 18 aprile 2013
Tyrannosaurids patology
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