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giovedì 31 gennaio 2013

Bite marks

Ricostruire le iterazioni tra le diverse specie abitanti un ecosistema perduto è un'impresa disperata, spesso destinata a sfociare in mere supposizioni soggettive o speculazioni, poiché difficilmente dai fossili emergono prove capaci di dimostrare rapporti di qualsivoglia natura tra animali estinti da sessantacinque milioni di anni.
Tuttavia la Hell creek Formation americana è una straordinatia, poiché da essa sono emersi diversi fossili recanti segni di scalfiture sulle ossa riconducibili a morsi, che suggeriscono ai paleontologi quali animali si scontrarono nel Maastrichtiano nell'eterna battaglia per la vita.
Essendo Tyrannosaurus rex l'unico predatore rinvenuto nella formazione con un morso capace di frantumare le ossa l'identità del ''colpevole'' è immediatamente intuibile, e dimostrabile attraverso analisi comparative tra i denti del teropode ed i segni impressi nelle ossa fossilizzate.
Ho già parlato degli aspetti emersi dalle analisi effettuate da Fowler et al. (2012) sui campioni appartenuti ai ceratopsidi, ma questi non sono gli unici corpi del reato, anzi, esistono diversi fossili di ornitopode, riconducibili alla specie Edmontosaurus annectens (sulla base della riclassificazione effettuata da Campione ed Evans nel 2009) recanti segni di morsi sullo scheletro.
Tra i reperti più significativi una mandibola ed una coda articolata che oltre a presentare le scalfiture derivanti dai morsi del predatore mostrano evidenze di calcificazione delle ossa che suggerisce che gli animali sopravvissero all'attacco.
Questi fossili quindi sono prove dirette di un rapporto preda/predatore tra due specie vissute in un ecosistema estinto da milioni di anni.
Esistono poi diverse altre evidenze fossili tra cui un omero e diverse vertebre recanti ulteriori segni di morsi ma non di cicatrizzazione, che suggeriscono che molti ornitopodi non ebbero fortuna nel loro incontro con le mascelle del predatore, o che quest'ultimo si sia cibato delle loro carcasse.

Sotto- ricostruzione paleoartistica di un Edmontosaurus annectens morso alla coda da Tyrannosaurus, realizzato sulla base di una coda fossile di Edmontosaurus recante segni di morsi oggi custodita al Denver Museum of Nature and Science.

Fight like a dinosaur

Perché non servono "mani artigliate" per un combattimento tra teropodi!

mercoledì 30 gennaio 2013

Ma che vertebre grandi che hai !

Il mito del super-sauropode è un leitmotiv che accomuna paleontologi e paleoappasionati sin dal secolo scorso; tanto che il fascino esercitato dai primi ritrovamenti fossili di dinosauri derivava proprio dalle loro dimensioni.
Non stupisce quindi che anche oggi uno dei topic più dibattuti riguardi proprio l'individuazione del "gigante tra i giganti", con diverse correnti di pensiero che individuano il più grande animale che abbia mai calcato il suolo terrestre in questa o in quella superfamiglia di sauropodi.
In generale comunque uno dei candidati più papabili a divenire l'icona del gigantismo mesozoico è Amphicoelias fragillimus, un diplodocoide proveniente dalla Morrison Formation descritto da Cope nel 1878.
Come molti altri giganti però A.fragillimus è noto solo per pochissimi resti, e nel caso particolare solo per un arco neurale, ossia la parte posteriore di una vertebra,  attribuibile, per la sua morfologia, alla nona o decima vertebra dorsale (le più grandi presenti nei sauropodi)
L'arco neurale in questione tuttavia presenta dimensioni da record, con un'altezza di 1500 millimetri, ed una conseguente dimensione dell'intera vertebra stimata intorno ai 2700 mm.
Inoltre, a causa della laminazione della vertebra (tipica dei grandi sauropodi) e delle scarse possibilità di preservazione dei fossili nell'800 il reperto si sgretolò, e tutto ciò che ci resta di A.fragillimus sono riproduzioni su carta dell'arco neurale associato e gli studi condotti da Cope.
Sulla base di questi scarsissimi elementi la stessa appartenenza del reperto al genere Amphicoelias è dubbia.
La specie tipo di tale genere infatti è Amphicoelias altus (Cope 1878), un diplodocoide fortemente affine a Diplodocus dal quale differisce per limitate caratteristiche morfologiche degli arti, tra cui un femore lungo e sottile avente sezione tondeggiante e zampe anteriori proporzionalmente più lunghe.
Le informazioni ricavabili dalla specie tipo quindi non permettono una classificazione ottimale del reperto, inoltre il paleontologo Andrea Cau inserendo le informazioni relative ad A.fragillimus nell'analisi filogenetica di Withlock del 2011 ( http://theropoda.blogspot.it/2012/01/amphicoelias-fragillimus-e-un.html) ha ottenuto un risultato politomico, che presenta molteplici percorsi di classificazione della specie.
Basandosi sul luogo di ritrovamento e sull'età del fossile (Colorado/ Giurassico superiore) però è plausibile ipotizzare che esso sia appartenuto ad un colossale esemplare di Diplodocus longus (= Seismosaurus hallorum- vedi post precedente), stimabile intorno ai 40/45 metri di lunghezza (variazione dovuta alla collocazione della vertebra come nona o decima dorsale)sulla base del femore di Diplodocus, più corto rispetto al corrispettivo di A.altus come precedentemente citato.
Se così fosse anche le stime riguardanti il peso dell'animale dovrebbero essere ribassate sulla base della tipica costituzione leggera di Diplodocus e la presenza nel loro scheletro di sacche d'aria atte ad alleggerirli.
I resti fossili attribuiti a Seismosaurus ed Amphicoelias sarebbero quindi le uniche testimonianze giunteci dal Tempo Profondo della più lunga specie animale che abbia mai camminato sul nostro pianeta, ospitata 150 milioni di anni fa nell'area dell'attuale Colorado.

Sotto-L'arco neurale di Amphicoelias fragillimus

lunedì 28 gennaio 2013

Doppia trave

Uno dei generi più fortemente rappresentativi del Giurassico è Diplodocus, un sauropode relativamente leggero avente collo e coda lunghissimi, formati rispettivamente da 15 vertebre cervicali ed addirittura oltre 80 vertebre caudali, vissuto 150/145 milioni di anni fa in nordamericana.
A questo genere sono ascritte quattro specie, tutte provenienti dalla Morrison Formation americana.
La specie tipo è Diplodocus longus, descritta da Marsh nel 1878 e nota attraverso una serie di scheletri incompleti e due crani è relativamente poco conosciuta, ma si stima potesse raggiungere dimensioni notevoli, con una lunghezza dell'ordine dei 30 metri pur mantenendo un peso contenuto tipico della famiglia dei diplodocidi.
La specie meglio conosciuta è  D.carnegii (Hatcher 1901), nota tramite scheletri quali completi, la quale presenta spine neurali alte ed inclinate posteriormente nelle vertebre caudali, oltre ad una differente morfologia e dimensione delle ossa pelviche rispetto alla specie tipo (Gilmore 1932).
Grazie alla mole di reperti associati alla specie è stato possibile ricostruire in maniera accurata lo scheletro di Diplodocus, e sulla base dei dati emersi dai fossili intuirne l'ecologia (almeno nelle sue linee generalissime).
Il range di movimento del collo dell'animale infatti era ampio lateralmente, molto ridotto verticalmente, tanto che esso non poteva essere inclinato oltre i trenta gradi, e quindi doveva essere tenuto in modo orizzontale rispetto al terreno.
La terza specie, una delle più interessanti almeno secondo il sottoscritto, è Diplodocus hayi, conosciuto tramite uno scheletro parziale rinvenuto nel Wyoming da Utterback nel 1902 e descritto da Holland solo dodici anni dopo.
Il motivo per cui questo reperto è così interessante è presto detto, D.hayi infatti presenta un mix unico di caratteristiche diplodocinae  ed apatosaurinae, infatti mentre le vertebre sono molto simili a quelle delle specie conosciute, il postcraniale ( unica parte rinvenuta del cranio dell'animale) appare insolitamente simile a quella di Apatosaurus ajax, discostandosi per morfologia e proporzioni dai postcraniali attribuiti a Diplodocus.
Inoltre in base alla lunghezza ed alla sezione trasversale del femore il peso stimato di D.hayi è di quasi 15 tonnellate, nonostante l'esemplare fosse probabilmente un subadulto, suggerendo che esso fosse più massiccio delle specie precedentemente descritte (carattere che avvicina ulteriormente Diplodocus hayi ad Apatosaurus).
L'ultima specie assegnata al genere è Diplodocus hallorum , meglio noto al grande pubblico come Seismosaurus, famoso per essere uno dei dinosauri noti più lunghi, con 35 metri dal muso alla punta della coda a frusta.
Nel 2006, Lucas et al. istituirono la specie D.hallorum sulla base delle profonde somiglianze scheletriche tra l'olotipo di Seismosaurus (NMMNH P-3690)e le altre specie del genere Diplodocus.
Eppure la parentela tra questi animali potrebbe essere ancora più stretta, infatti nonostante le ossa attribuite a Seismosaurus furono rinvenute da Gillete nel New Mexico esse appaiono quasi indistinguibili da quelle attribuite alla specie tipo,Diplodocus longus, e rinvenute in Colorado.
In accordo con questo dato è probabile quindi che NMMNH P-3690 sia da riferire ad un esemplare pienamente maturo di D.longus, e che le specie riferibili al genere siano solo meno rispetto a quanto precedentemente ipotizzato.

sabato 26 gennaio 2013

Pesi Massimi!

Le stime di peso effettuate su Tyrannosaurus rex da Hutchinson negli ultimi mesi del 2011, tramite la scansione laser di cinque scheletri (tra i meglio conservati della specie) e la  conseguente creazione di modelli computerizzati di Tyrannosaurus in vita,hanno suggerito che gli esemplari di questa specie pesaserro mediamente otto tonnellate, e che gli individui più grossi potessero superare le nove tonnellate.
Questo dato, quasi incredibile, si pone in netta contrapposizione rispetto al calcolo del peso effettuato tramite la misurazione del femore dell'animale, che indicava per esso un peso compreso tra le quattro e le cinque tonnellate.
Eppure il femore di T.rex, pur essendo mediamente lungo oltre un metro e venti centimetri, è incredibilmente robusto, e se comparato con il quello lungo 154 cm di Diplodocus carnegii, Sauropode nordamericano lungo 27 metri e con un peso stimato tra le 12 e le 18 tonnellate, appare che esso sarebbe stato in grado di sostenere per il 78% il peso dell'animale, dimostrando che la stima di otto/nove tonnellate sarebbe perfettamente compatibile con la morfologia di Tyrannosaurus.
Sulla base di questi dati e conoscendo la lunghezza del femore di un altro teropode gigante, noto per reperti molto più frammentari, si potrebbe ri-stimare il peso di Carcharodontosaurus saharicus.
Il femore dell'olotipo di C.saharicus rinvenuto nella Baharija Formation (Egitto) misura un metro e ventisei cm (fonte: Theropod database), lunghezza simile al femore di T.rex, e si potrebbe quindi ipotizzare che, se fosse possibile fare una scansione di uno o più scheletri di Carcharodontosaurus esso risulterebbe avere una mole simile a quella del teropode americano.
Tuttavia in base ai fossili rinvenuti, un cranio incompleto mancante del premascellare, del quadrato giugale e dello squamoso, diversi denti (relativamente superflui al fine della nostra analisi) alcune vertebre cervicali, parte del pube e dell'ischio e poche vertebre caudali, abbiamo l'immagine di un predatore meno massiccio rispetto a Tyrannosaurus, in accordo con il grado di parentela che lega i Carcharodontosauridi ad altri teropodi relativamente leggeri come Allosaurus.
È quindi probabile una massa dell'ordine di otto tonnellate sia esagerata per Carcharodontosaurus e forse per tutti i Carcharodontosauridi noti, e che un peso di 5 tonnellate sia più realistico e comparabile con la morfologia della lucertola dai denti di squalo.

venerdì 25 gennaio 2013

Tyrannosaurus imperator

Uno degli argomenti più dibattuti in rete riguarda le dimensioni massime raggiungibili da Tyrannosaurus rex.
FMNH PR 2081, uno scheletro completo per il 70% ed appartenente al morfotipo robusto attribuito alla specie, ci permette di stimare per gli esemplari adulti una lunghezza di 13 metri per 4 metri di altezza alle anche.
Tuttavia esistono diversi resti frammentari che indicherebbero l'esistenza di esemplari di dimensioni ben maggiori, il più citato dei quali è sicuramente UCMP 137538, ossia un metatarso frammentato del 20% più grosso rispetto al corrispettivo di FMNH PR 2081, ossia Sue.
Sulla base di questo dato si potrebbe speculare l'esistenza di un individuo di T.rex avente una lunghezza superiore ai 14 metri (foto sotto).
Eppure tentare un'operazione del genere è molto pericoloso, in quanto stimare in maniera efficace la taglia di Tyrannosaurus partendo da poche ossa rischia di portare a clamorosi flop.
All'interno della specie Tyrannosaurus rex infatti esiste un range molto vario di proporzionalità individuale, per cui il fatto di trovare ossa del 15 o 20% più grandi della media non implica come conseguenza che l'esemplare a cui appartenessero fosse altrettanto grande.  FMNH PR 2081 ad esempio possiede un diametro di 27cm per la diciannovesima vertebra presacrale, mentre MOR 980 presenta per la stessa vertebra un diametro di soli 19 cm , eppure i due esemplari hanno dimensioni simili, comprese tra i 12 ed i 13 m.
Proprio questo ampio range proporzionale unito alla presenza di due morfotipi di Tyrannosaurus, uno più gracile ed uno più robusto sta alla base di Tyrannosaurus imperator, una specie mai descritta ufficialmente basata sul ritrovamento di ossa pelviche di dimensioni eccezionali, appartenute però ad u esemplare di Tyrannosaurus rex non particolarmente lungo il cosiddetto C-Rex.
In definitiva è impossibile stabilire le reali dimensioni dell'esemplare cui appartenne UCMP 137538, ma è possibile affermare che con ogni probabilità in vita dovesse essere un grosso esemplare , forse più lungo e pesante di Sue, ma sicuramente non così enorme come raffigurato in alcune ricostruzioni.

Sotto- Sue ed un super-stimato UCMP 137538, il peso è basato sulle scansioni di Hutchinson (2011).

martedì 22 gennaio 2013

Stegosaurus armatus

Stegosaurus armatus è la specie tipo del genere Stegosaurus, descritto da Marsh nel 1877, sulla base di di YPM 1850, ossia una serie di vertebre caudali complete di spine neurali e chevron, parte del bacino e dell'ischio ed una grande placca dorsale frammentata.
Data la scarsezza dei reperti e la quasi totale assenza di caratteri diagnostici per  i paleontologi è sempre stato molto complicato assegnare alla specie i fossili ritrovati, e ciò ha provocato una fioritura di specie all'interno del genere.
Tra esse la meglio conosciuta è Stegosaurus stenops, descritta dallo stesso Marsh nel 1887, sulla base di reperti più completi, che presenta 17 grosse placche dorsali di forma romboidale ed una massa stimata di tre tonnellate per sette metri di lunghezza.
Oltre queste Marsh descrisse altre due specie, S.ungulatus ( erroneamente ricostruito con otto aculei caudali provenienti da due diversi esemplari di Stegosaurus) ed S.sulcatus, dotato di placche dorsali proporzionalmente più piccole rispetto ad S.stenops e di forma vagamente triangolare (oggi considerata forma giovanile di S.armatus).
Nel 2008 Susannah Maidment e colleghi attuarono una revisione del genere Stegosaurus, al termine del quale dichiararono valida la sola specie tipo, S.armatus, a cui affiancarono lo stegosauride primitivo Hesperosaurus mjosi, rinominandolo S.mjosi.
Tale conclusione appare però troppo semplicistica, in quanto allarga il range di differenze intraspecifiche presenti in Stegosaurus in maniera inverosimilmente esponenziale, siano esse dovute a stadi di crescita o dimorfismo sessuale.
Lo stesso Stegosaurus armatus inoltre è da molti considerato nomina dubbia data la frammentarietà dei reperti.
Tuttavia nel 2004 il paleontologo Bob Simon rinvenne in un ranch del Wyoming un esemplare di Stegosaurus completo per l'80%, e battezzato Sarah in onore della figlia del proprietario del ranch.
Questo esemplare, un subadulto lungo sei metri, è stato assegnato alla specie Stegosaurus armatus e presenta una serie di caratteristiche straordinarie.
Innanzitutto Sarah è l'esemplare noto con il maggior numero di placche dorsali, infatti ne sono state rinvenute 18 ma appare chiara la mancanza della corrispettiva della placca più grande, quindi in vita l'animale ne avrebbe vantate almeno 19; inoltre esse presentano una forma variabile, con le strutture più grandi di forma "triangoleggiante" e le più piccole di forma romboidale, in accordo con le analisi istologiche di Hayashi et al (2012) secondo cui la forma delle piastre dorsali negli stegosauri sarebbe influenzata da fattori ontogenici.
Inoltre nel 2009 Massbrucker ridescrivendo YMP 1850 ha istituito sulla base dell'olotipo di Stegosaurus armatus un carattere diagnostico per la specie, ossia la presenza nelle vertebre caudali di spine neurali particolarmente robuste.
Sulla base di tali dati quindi le specie S.armatus ed S.stenops risultano non solo valide ma identificabili sulla base di alcuni caratteri diagnostici.
Sotto:
a) Stegosaurus stenops
b) Stegosaurus armatus

lunedì 21 gennaio 2013

Uno stormo di raptor: volume due

L'ipotesi della "caccia in gruppo" per i Dromaeosauridi fu una costante durante gli anni '90, forte della presenza di reperti fossili di Tenontosaurus tillettorum (Ornithopode della massa di 1/2 tonnellate) associati a scheletri parziali e denti di Deinonychus antirrhopus, rinvenuti nella Cloverly Formation americana, ma subì una battuta d'arresto nel 2007 quando Roach e Brinkman, sulla base di studi tafonomici, rivalutarono tali reperti come il risultato di particolari condizioni di stress ambientale, in cui diversi predatori si accalcarono sulle carcasse degli ornitopodi, arrivando a combattere gli uni contro gli altri per l'acquisizione delle risorse e nutrendosi dei conspecifici morti durante la disputa (generalmente subadulti).Secondo i due paleontologi infatti i Dromaeosauridi non avrebbero avuto alcun comportamento sociale, ma anzi si sarebbero scannati a vicenda in preda a frenesia alimentare, comportamento studiato nei pesci ed in grossi rettili quali i Varani di Komodo.
Letto in un'ottica tipicamente aviana tuttavia questo dato non stona particolarmente in quanto anche all'interno dei pollai moderni esiste una rigida gerarchia, imposta attraverso "un'ordine di beccata", che stabilisce in maniera rigorosa quali esemplari possono nutrirsi per primi e quali devono attendere che i dominanti abbiano terminato il pasto prima di potersi nutrire.
Inoltre in un documento del 2008 redatto da Li et al. sono descritte piste di orme parallele attribuite a Deinonychosauri risalenti al Cretaceo inferiore e provenienti da Shandong, in Cina.
Tale scoperta potrebbe fornire la miglior prova del comportamento gregario in questi animali, ed il parallelismo delle orme potrebbe rafforzare la mia teoria secondo cui questi animali si muovessero ed eventualmente si nutrissero in stormo in maniera simile agli uccelli attuali, attuando forse gli stessi comportamenti di brutalità intraspecifica per stabilire una rigida gerarchia.

Sotto: Le impronte di Shandong (Li et al. 2008)

sabato 19 gennaio 2013

Uno stormo di raptor: volume uno

La rivoluzione Bakkeriana si originò dalla scoperta di un teropode relativamente piccolo ed agile, Deinonychus antirrhopus, avvenuta in nord America nel 1969 da parte di Ostrom.
La morfologia di quest'animale infatti cozzava contro l'i,mangime tradizionale dei dinosauri visti come lenti rettili a sangue freddo, ed aprì le porte alla formulazione della teoria dei dinosauri a sangue caldo.
Il cambiamento di paradigma che seguì alle rivoluzionarie teorie (e straordinarie scoperte)dei paleontologi, portò all'istituzione di nuove speculazioni riguardo l'etologia delle lucertole terribili, la maggior parte delle quali provenienti (a sproposito) dal mondo dei mammiferi.
Le più famose delle quali riguardano le cure parentali dei dinosauri e la loro "vita sociale", compresa l' idea della caccia della in branco.
- In questo post mi occuperò di quest'ultimo controverso aspetto.
In primis specifico che qualsiasi modello di caccia in gruppo basato su un branco di lupi o affini non potrebbe che avere esito fallimentare, in quanto come ho già puntualizzato i mammiferi sono filogeneticamente troppo lontani dai dinosauri per poter anche solo essere utilizzati riferimenti etologici.
Ancora una volta infatti ogni mia teoria o speculazione si baserà sul range comportamentale di uccelli ed arcosauri, molto più affini ai dinosauri teropodi e molto meno conosciuti dal grande pubblico.
Anche tra gli uccelli infatti esiste un alto grado di socialità, tanto che diversi generi istituiscono legami di coppia che durano anni o addirittura tutta la vita, motivo per cui molte specie di uccello sono considerate monogame, categoria a cui non appartiene nemmeno Homo sapiens.
1-Comincia a visualizzarsi una coppia di predatori eudromeosauridi in caccia.
Un altro fenomeno tipicamente aviano è lo stormo, termine che si riferisce ad un gruppo di uccelli che si riuniscono assieme durante il volo o mentre si nutrono.
Durante il volo in stormo migliaia di uccelli riescono  coordinarsi perfettamente eseguendo manovre aeree chirurgiche istintivamente, basandosi sul movimento degli uccelli vicini o del capogruppo, ossia il primo uccello dello stormo.
Qualcuno potrà obiettare che gli uccelli carnivori, come i rapaci, non cacciano in stormi e che quindi la mia idea di uno stormo di eudromeosauridi è troppo speculativa, eppure ciò è vero solo in parte, infatti Parabuteo unicinctus, la Poiana di Harris, è l'unico caso documentato di rapace in grado di cacciare in stormo, tanto che durante la caccia, che guarda caso avviene in coppia o in gruppi poco numerosi, alcuni esemplari arrivano a scendere a terra per stanare le prede, permettendo agli esemplari in volo di ghermirle.
2-Alla caccia della coppia di "raptor" si aggiunge un terzo individuo, un probabile subadulto non più costretto nel nido, che ha il compito di stanare eventuali prede permettendo agli adulti di coordinarsi per abbatterla, non tramite vocalizzazioni complesse o comunicazione ma grazie alla "mentalità di stormo".

Sotto:Uno stormo di Deinonychus antirrhopus a caccia da "Don't mess with dinosaurs"

mercoledì 16 gennaio 2013

La guerra passeriforme

Le relazioni filogeneniche tra dinosauri e uccelli sono ormai note  ai più, tanto che a volte la parola "dinosauro" viene usata a sproposito per indicare animali come passer domesticus o affini che sarebbe meglio nominare neorniti o uccelli.
Ciononostante anche questi piccoli animali che vivono quotidianamente affianco a noi possono insegnarci molto riguardo all'etologia dei dinosauri, un ambito di difficile ricostruzione e probabilmente perso nella sua interezza.
Infatti i passerotti, come tutti i passeriformi, sono strenui combattenti, che non esitano a lanciarsi in scontri cruenti per la conquista di potenziali compagne o il possesso di risorse alimentari.
Chiunque ha una certa esperienza nell'ambito dell'osservazione naturalistica avrà notato come questi piccoli neorniti combattano fino alla fine arrivando a precipitarsi giù da tetti o da rami.
La tecnica di combattimento dei passeriformi sfrutta appieno tutte le armi di questi piccoli animali:
L'attacco inizia in volo, con i passeri che si scagliano l'uno contro l'altro con gli artigli protesi verso il rivale, successivamente a l primo impatto i combattenti spesso cadono al suolo dove lo scontro continua a colpi di artigli e beccate e gli animali assumono una posa particolare.
Uno dei due rivali è in piedi, mentre il secondo si trova supino, ai piedi di esso, ma le sorti della battaglia sono lungi dall'essere decise.
Il passero schienato infatti non risulta sottomesso, ma si trova nella posizione ottimale per sfruttare i suoi arti artigliati (gioco di parole), direzionando i colpi al petto, al collo ed agli occhi dell'avversario che invece avrà meno possibilità di colpire.
Questo particolare schema d'attacco ci ricorda qualcosa?
Magari un fossile rinvenuto nel 1971 in Mongolia e battezzato appunto "dinosauri combattenti", in cui un Velociraptor ed un Protoceratops sono avvinghiati in uno scontro all'ultimo sangue, ed in cui il predatore schienato colpisce con il formidabile artiglio a falcetto il collo della preda, mentre quest'ultima morde l'ala* dell'aggressore in un disperato tentativo di difendersi.
Non male per un passerotto!

*-Nessuno si azzardi a pensare ad un Velociraptor mongoliensis volante, il termine ala si riferisce all'avambraccio del predatore dotato di 14 penne remiganti secondarie Turner et al.(2007)

Sotto- I "dinosauri combattenti".

lunedì 14 gennaio 2013

When Ceratopsian ruled!

Triceratops serratus, T.calicornis, T.flabellatus, T.eurycephalus, T.elatus sono solo alcuni nomi attribuiti ai molti fossili di Ceratopsidi rinvenuti in nord America nell'ultimo secolo.
Infatti durante la sua storia tassonomica il genere Triceratops ha vantato una fioritura di oltre quattordici specie, oggi ridotte a due universalmente ritenute valide, Triceratops horridus, la specie tipo descritta da Marsh nel 1889, e Triceratops prorsus descritta dallo stesso Marsh l'anno successivo, il quale presenta un corno nasale più prominente ed orientato in avanti verso il becco piuttosto che verso l'alto come avviene nella specie tipo (dal latino prorsus=dritto).
Le restanti dodici specie sono ormai considerate nomina dubia, ed il più delle volte erano state istituite sulla base di campioni incompleti o deformati dal tempo, come nel caso di T.brevicornis nominato a partire da un cranio avente un ridotto corno nasale che successivamente si scoprì essere spezzato, invalidando l'istituzione della specie.
Le classificazioni errate o dubbie però non sono un male debellato, anzi sono una costante della paleontologia che spesso affligge i Ceratopsidi in quanto diagnosticabili solo in relazione ad alcune caratteristiche craniche.
"Ugrosaurus " olsoni ad esempio è il nome dato da Cobabe e Fastovsky nel 1987 ad UCMP 128561, un campione frammentario proveniente dagli Stati Uniti attribuibile ad un grosso ceratopside vissuto nel tardo Cretaceo.
Il reperto, formato da parte del becco e da frammenti della parte anteriore del cranio non presenta un vero e proprio corno nasale ma una sorta di ispessimento osseo simile a quanto di osserva in un altro ceratopside simpatrico, Nedoceratops.
Secondo altri studiosi (e per quanto vale anche secondo il sottoscritto) il corno nasale risulterebbe essere scheggiato, e quindi sulla base del luogo di ritrovamento, dell'epoca del reperto e delle dimensioni dello stesso, UCMP 128561 dovrebbe essere attribuito a Triceratops horridus.
Vi è poi il caso di RTMP 2002.57.5, un altro ceratopside gigante del tardo Cretaceo vissuto 70/68 milioni di anni fa nell'attuale Alberta e battezzato nel 2007 Eotriceratops xerinsularis da Xu et al.
Dallo scheletro incompleto e disarticolato di Eotriceratops appare chiaro che l'animale era enorme, tanto che il solo cranio sfiora i tre metri, e strettamente imparentato con Triceratops.
E.xerinsularis infatti è stato descritto dai suoi scopritori come il diretto antenato di Triceratops, addirittura di dimensione maggiori di quest'ultimo.
Eppure anche in questo caso l'istituzione di tale genere e specie non risulta pienamente convincente.
I caratteri diagnostici per Eotriceratops infatti risultano:
-Ossa jugali molto pronunciate
-Alto processo premascellare che giunge a toccare le ossa nasali
-Ossa epoccipitali della gorgiera allungate ed appiattite
(La zona postcraniale non presenta alcun carattere diagnostico, come avviene per la maggior parte dei ceratopsidi).
Tali caratteristiche non escludono categoricamente l'appartenenza di RTMP 2002.57.5 a Triceratops horridus, in quanto alcuni esemplari ritenuti appartenenti a questa specie presentano ossa epoccipitali del collare appiattite e processi premascellari alti pur non quanto Eotriceratops, ma ciò potrebbe rientrare nel range di differenze intraspecifiche tipiche della specie, oppure essere indicativo dell'età avanzata degli individui come suggerito dalle dimensioni degli esemplari.
In Eotriceratops inoltre le corna sopra orbitali presentano una curvatura simile a quella diagnostica della specie tipo di Triceratops,ed il corno nasale risulta relativamente piccolo ed orientato verso l'alto, indicando una relazione più forte tra esso e T.horridus rispetto a T.prorsus.
La datazione del fossile infine è interessante, in quanto potrebbe indicare che la specie T.horridus visse per circa quattro milioni di anni, un lasso di tempo lunghissimo ma giustificato dal successo della specie, la più evoluta all'interno della famiglia dei Ceratopsidi.

Sopra-Cranio di RTMP 2002.57.5
Sotto-Triceratops horridus

sabato 12 gennaio 2013

Il 2012 del re(x)

L'anno appena trascorso è stato ricco di "rivelazioni" inerenti ad una delle specie di teropodi meglio conosciute, Tyrannosaurus rex. L'anno si è aperto con titoli come <> che si riferivano ad uno studio condotto negli ultimi mesi del 2011 da un team di paleontologi capitanati da John R. Hutchinson, che dopo aver creato un modello computerizzato di Tyrannosaurus rex sulla base di scansioni laser eseguite sui cinque scheletri meglio conservati della specie, tra cui FMNH PR 2081 (per gli amici Sue), sono giunti alla conclusione che in vita gli esemplari adulti pesassero tra le 7 e le 9 tonnellate, una misura che supera quasi del 30% le stime precedenti, e che ha portato Hutchinson ad ipotizzare per i giovani T.rex un ritmo di crescita di circa una tonnellata e mezza all'anno (la paleoecologia e paleobiologia dei giovani di Tyrannosaurus saranno oggetto di un mio futuro post). A Febbraio Bates e Falkingham mostrarono al mondo la forza del morso del "re dei dinosauri" attraverso un modello dinamico muscoloscheletrico che indicò per i denti posteriori di Tyrannosaurus una forza compresa tra i 35000 ed i 57000 newton, ossia una forza peso pari a 5 tonnellate. Inoltre verso la fine dell'anno una chicca riguardo l'ecologia di Tyrannosaurus'ed il suo modo di nutrirsi descritta qui (http://lucertoleterribili.blogspot.it/2012/12/decapitazione-ceratopside.html). Insomma un anno degno del re(x)!

venerdì 11 gennaio 2013

Primo piano di una star! Spinosaurus aegyptiacus

L'avvento del terzo capitolo della saga di Jurassic Park nel 2001 ha proiettato Spinosaurus, seppur tra luci ed ombre, sull'Olimpo dei dinosauri, trasformando questa creatura poco conosciuta in una celeberrima star.
A dispetto della fama però i resti di Spinosaurus non abbondano di certo, anzi, l'olotipo descritto da Stromer nel 1915 sulla base di un cranio parziale ed alcune vertebre dotate di spine neurali lunghissime (quasi 2 m.), è andato perduto durante i bombardamenti su Berlino nella seconda guerra mondiale, e quello che ci resta oggi sono dei rostri provenienti dalle maggiori formazioni nordafricane.
Uno dei meglio conservati fu ritrovato nel 1975 tra le sabbie della formazione Kem Kem, ed acquistato nel 2002 dal museo di storia naturale di Milano dove è a tutt'oggi esposto.
Il reperto è stato attentamente studiato dai paleontologi Cristiano Dal Sasso e Simone Maganuco, nel 2006, e da tale studio è emersa la paleoecologia di Spinosaurus.
Il rostro infatti, presenta forti somiglianze con il muso del gaviale (coccodrillo moderno specializzato nella cattura del pesce caratterizzato da un apparato buccale estremamente allungato), denti conici privi di seghettatura, ideali per trattenere prede viscide e sfuggenti, e diversi fori all'apice del muso, probabili recettori sensoriali utili per "avvertire" lo spostamento d'onda provocato dal movimento dei pesci, permettendo così all'animale di catturare le prede anche in acque torbide.
Tale adattamento infatti è presente anche nei coccodrilli, che possiedono all'apice del muso una serie di forellini innervati dal nervo trigemino che consentono ai rettili di cacciare senza l'ausilio della vista.
Dal rostro conservato al museo di Milano emerge anche un'altra peculiarità anatomica dello Spinosaurus, questa volta affine agli uccelli pescatori come gli aironi, ossia la posizione arretrata delle narici, che permettevano all'animale di respirare anche con buona parte del muso immerso nell'acqua.
Sulla base del campione milanese i due paleontologi hanno anche provato a stimare le dimensioni dell'animale, giungendo ad una lunghezza di quasi 17 metri per nove tonnellate di peso.
Io dissento fortemente da tale estrapolazione, proponendo una lunghezza compresa tra i 12,3 ed i 14,4 metri e le 4/6 tonnellate di peso(dati basati su Baryonyx walkeri e Suchomimus tenerensis, spinosauridi filogeneticamente affini a Spinosaurus aegyptiacus, e rafforzatisi durante l'ultimo anno) conscio che in mancanza di reperti più completo ogni stima effettuata lascia il tempo che trova.
Sotto: Il rostro esposto al museo di storia naturale di Milano

mercoledì 9 gennaio 2013

Signore e signori, l' Arcivescovo !

I letti di Tendaguru, in Tanzania, hanno restituito i reperti più completi di sauropodi giganti, classificati come appartenenti a Brachiosaurus (=Giraffatitan ) brancai.
Anche quando nel 1930 il paleontologo inglese Frederick Migeod rinvenne in loco un esemplare frammentario di sauropode, campione  BMNH R5937, esso fu classificato come appartenente alla specie B.brancai, nonostante nell'unica pubblicazione scientifica scritta riguardo all'esemplare, redatta dallo stesso Migeod nel 1931, venga messo in luce come BMNH R5937 possieda spine neurali bifide, come Diplodocus, mentre Brachiosaurus e affini presentano strutture vertebrali singole, prive di biforcazione.
Nonostante ciò il campione rimase etichettato al British Museum of Natural History come appartenente a Brachiosaurus finché nel 2005 Michael P. Taylor, dopo aver rivalutato i reperti concluse che BMNN R5937 non sia attribuibile a Brachiosaurus/ Giraffatiitan e lo riclassificò come  brachiosauride indeterminato.
Sulla base di quanto emerge da Taylor (2005) l'esemplare possiede diverse lamine paraspinali non riscontrate in Brachiosaurus, spine neurali bifide,come già evidenziato da Migeod, e vertebre cervicali proporzionalmente più lunghe di quest'ultimo, che possono indicare che il collo dell'animale fosse ancora più lungo rispetto a Brachiosaurus sp.
L'esemplare non presenta ancora un nome scientifico, ed è solitamente nominato "The Archbishop" e sarà presto oggetto di un' ulteriore revisione ad opera dello stesso Taylor.

NdT- È particolarmente interessante notare come negli stessi luoghi che hanno restituito le due specie note di Brachiosaurus siano stati ritrovati brachiosauridi ancor più giganteschi e dotati di un collo proporzionalmente più lungo.
Sarebbe interessante provare ad individuare alcune sinapomorfie tra Sauropseidon proteles e "the Archbishop".... Ma questa è un'altra storia.

Sotto- La straordinaria restaurazione in vita dell'animale realizzata dal blogger e paleoartista Nima.

martedì 8 gennaio 2013

Che cos'è Argentinosaurus ?

Poche cose colpiscono l'immaginario collettivo come gli animali giganteschi, la sola idea che animali della stazza di decine di tonnellate abbiano calcato la terra ridimensiona il nostro antropocentrismo intrinseco suscitando curiosità e fantasia.
Negli anni '90 questo concetto fu ben incarnato dalla scoperta di Argentinosaurus huinculensis, diventata famosa in tutto il mondo come la scoperta dell' animale più grande mai esistito.
Tale nomea ha trasformato Argentinosaurus in un'icona pop, al punto che il web trabocca di raffigurazioni artistiche di questo dinosauro, ed in diversi musei di storia naturale sono esposti scheletri completi di Argentinosaurus.
E qui sta il problema, perché noi non disponiamo affatto di alcuno scheletro completo di questo animale, anzi i resti di Argentinosaurus, come quelli di molti altri sauropodi giganti sono molto frammentari.
In particolare di Argentinosaurus sono note la tibia, parte della colonna vertebrale e del cinto pelvico, materiale tratto dall'olotipo (Bonaparte e Coria 1993), un femore e frammenti del sacro (Carpenter 2006).
Tutte le ricostruzioni quindi si basano su questi elementi, ed eventuali "completamenti" scheletrici dovrebbero essere realizzati sulla base di inferenze filogenetiche, ossia individuando i Taxon noti più vicini ad Argentinosaurus ed usando la loro morfologia e le loro proporzioni per ricreare una copia dello scheletro (anche così facendo la ricostruzione non sarebbe attendibile al 100%).
Nel caso delle copie in vetroresina di Argentinosaurus sopracitate appare chiaro che questa operazione non è stata fatta per niente, motivo per cui gli scheletri esposti presentano diversi errori ed imprecisioni che stravolgono totalmente l'aspetto dell'animale.
In primo luogo il collo:
Esso appare orizzontale come per diplodocidae, ma Argentinosaurus è un titanosauridae, filogeneticamente più affine ai brachiosauridi, e pertanto il collo dovrebbe essere inclinato verticalmente,le costole cervicali ricadono verso il basso invece di sovrapporsi alla base del collo, come avviene nella maggior parte dei sauropodi, e le vertebre del collo risultano identiche a gruppi di tre.
Poi il torso:
Esso risulta fortemente compresso a causa del sacro ricostruito in maniera erronea e fuso con l'ileo, nonostante dai fossili originali sia possibile risalire alla forma dell'osso con un buon grado di approssimazione.
Le vertebre presentano spine neurali troppo alte, ancora simili a quelle di diplodocidae (ah se solo avessero verificato le parentele!).
E ancora le zampe:
I modelli in vetroresina possiedono piedi ipertrofici, con calcagno ed astragalo particolarmente grandi, i metatarsi sono disposti in modo quasi lineare, piuttosto che semi circolare, come accade in tutti i sauropodi che possiedono zampe colonnari in grado di sorreggere meglio il peso.
Infine la testa:
Sebbene non siano mai stati descritti crani di Argentinosaurus pare che dagli strati argentini sia emerso un grosso cranio Titanosauroide, secondo alcuni attribuibile ad Argentinosaurus huinculensis.
Esso appare relativamente più corto rispetto a quelli esposti, dotato di grossi denti a cucchiaio e con un arco nasale ridotto (altri errori ma che sorpresa...)

Dinosaur revolution

Tra Dicembre e Gennaio è andata in onda per la prima volta in Italia (quanto meno sui canali in chiaro) la serie "Dinosaur revolution" trasmessa con il nome "l'Era dei dinosauri". Ora per essere subito chiari: essa non è un documentario, anzi appare più che altro come una fiction mesozoica. I modelli digitali, così come le animazioni sono indubbiamente buoni, ed il tasso di spettacolarizzazione è sempre alto, ed il punto debole della serie non è certo il lato artistico (eh magari!). Il problema di fondo della fiction infatti travalica anche le situazioni paradossali in cui vengono immersi i dinosauri ma riguarda i comportamenti degli stessi. Gli schemi comportamentali degli animali infatti sono tutti basati su di un modello mammalliano, e presentano un tasso così alto di antropomorfizzazzione da far accapponare la pelle anche al "bakkerriano" più estremista. La grande Rivoluzione dei dinosauri l'abbiamo avuta ormai 25 anni fa, ad opera di Robert T. Bakker appunto, ed è a lui ( ed a molti altri paleontologi "nuovi") che dobbiamo la caduta del paradigma che voleva i dinosauri rettili lenti ed ottusi, e da allora le scoperte scientifiche fatte hanno rafforzato la tesi secondo cui i dinosauri erano creature evolute e complesse. Sabato 12 Gennaio sarà trasmessa l'ultima puntata de "l'Era dei dinosauri" e chiunque volesse personalmente verificare il contenuto del mio post potrà farlo. In definitiva se qualcuno dovesse gradire quei dinosauri Looney Tunes <<De gustibus non disputandum est>>.

sabato 5 gennaio 2013

Troppi, troppi becchi d'anatra!

Sembra che in Italia ci sia sempre un ritardo di qualche anno dal punto di vista della divulgazione paleontologica, ed anche quando le informazioni giungono pare che lo facciano in punta di piedi, soprattutto se non riguardano teropodi giganti.
In particolare esiste una famiglia di ornitischi particolarmente snobbata da pubblico, ossia Hadrosauridae.
Questi grandi erbivori dotati di un caratteristico becco largo e appiattito videro il loro periodo d'oro nel Cretaceo, colonizzando tutti i continenti e diversificandosi in decine di forme diverse, tanto che in nord America sono stati identificati diversi generi di adrosauridi vissuti nel campaniano (75 milioni di anni fa) e nel mastrichiano(65 milioni di anni fa), al termine dell'era dei dinosauri.
Questo è ciò che è noto alla maggior parte degli appassionati di paleontologia in Italia riguardo a questa famiglia di dinosauri, complici pagine di wikipedia poco aggiornate e la scarsa divulgazione di articoli scientifici.
Dal 2009 infatti il numero di generi e specie di "dinosauri dal becco d' anatra" nordamericani si è ridotto drasticamente a seguito di uno studio condotto dai paleontologi Campione ed Evans, che dopo aver analizzato la bellezza di 23 crani adrosauridi hanno concluso che in nord America tra il campaniano ed il mastrichiano si svilupparono solo due specie di adrosauridi, entrambe riconducibili al genere Edmontosaurus.
Secondo gli autori infatti l'abbondanza di reperti avrebbe tratto in inganno i paleontologi del passato spingendoli ad istituire diversi generi sulla base di differenze morfologiche rattribuibili invece alle fasi di crescita degli animali.
Infatti, similmente a quanto proposto da Horner e Scannella per Triceratops e Torosaurus, Campione ed Evans propongono che Thespesius edmontoni ed il gigantesco Anatotin  copei siano rispettivamente forme giovanili e pienamente mature di Edmontosaurus.
Più precisamente T.edmontoni risulta essere un sub adulto di Edmontosaurus regalis, la specie più antica del genere vissuta 75 milioni di anni fa, mentre Edmontosaurus sasktawanensis ed Anatotitan copei ricadono sotto la specie Edmontosaurus annectens, la più evoluta vissuta 65 milioni di anni fa.

Sotto: l'immagine mostra l'ontogenesi delle due specie di Edmontosaurus ritenute valide, E.regalis ed E.annectens e vale più di mille parole.

venerdì 4 gennaio 2013

Brachiosaurus o Giraffatitan ?

Descritto da Riggs nel 1903 Brachiosaurus altithorax è uno dei sauropodi classici rinvenuti nella Morrison Formation americana, i cui resti sono stati rinvenuti dal Colorado al Wyoming.
Nonostante i reperti rinvenuti siano sufficienti a ricostruire quasi completamente lo scheletro dell'animale, la descrizione del cranio si è a lungo basata sui resti provenienti dai letti di fossili di Tendaguru in Tanzania, patria di una seconda specie di Brachiosaurus, B.brancai, anch'essa nota fin dai primi del '900.
Il cranio del sauropode africano è molto particolare, in quanto si presenta alto ed allungato, dotato di una dentatura forte e morfologicamente atipica per un sauropode, che possiedono generalmente dei denti a paletta, adatti a strappare la vegetazione.
Il teschio di B.brancai inoltre presenta una struttura "ad elmetto" che sovrasta la zona frontale del cranio, e per questa ragione anche il Brachiosaurus americano è stato ricostruito per quasi un secolo con la cresta.
Tuttavia un cranio Brachiosauridae emerso dagli strati americani esiste, e si tratta del teschio utilizzato da Marsh per descrivere il chimerico "Brontosaurus" excelsus nel 1879.
Questo cranio è stato studiato attentamente da Carpenter e Tidwell nel 1998 i quali conclusero che fosse appartenente a Brachiosaurus altithorax.
Esso di presenta proporzionalmente più corto rispetto ai teschi rinvenuti in Africa e possiede una cresta frontale ridotta e relativamente avanzata. Tali caratteristiche avvicinano il Brachiosaurus americano ad un altro sauropode tipico della Morrison Formation, Camarasaurus, suggerendo inoltre che B.altithorax e B.brancai non fossero così strettamente imparentati come fino ad allora ritenuto.
Lo stesso anno Gregory Paul propose di istituire un sottogenere nominato Gitaffatitan per acogliete la specie africana.
Uno studio condotto nel 2009 da Taylor sulle differenze scheletriche dei due Taxa ha messo in luce come la specie americana B.altithorax presenti vertebre dorsali allungate ed una coda proporzionalmente più lunga rispetto a B. brancai, giustificando l'ascrizione di quest'ultima ad un genere separato.
Come scrissi in un precedente post comunque l'attribuzione di una specie ad un determinato genere è una scelta altamente soggettiva, e non deve stupire come nonostante la fama acquisita dal genere Giraffatitan tra il grande pubblico, esso non sia molto citato nella letteratura scientifica all'infuori di Paul e Taylor, dove G.branca i viene considerato dalla maggioranza dei ricercatori come Brachiosaurus brancai.

Sotto:
A destra- Cranio di Brachiosaurus altithorax da Carpenter & Tidwell 1998
A sinistra- Cranio di Brachiosaurus brancai conservato presso il museo di storia naturale di Berlino

giovedì 3 gennaio 2013

Allosaurus species: atto secondo

Allosaurus è uno dei generi di theropodi meglio conosciuti, grazie all'abbondanza di resti provenienti dalla Morrison Formation americana e seppur in misura assai minore dalla Lourinhā Formation portoghese.
Questa moltitudine di reperti, che lascia supporre che Allosaurus fosse il predatore più diffuso del Giurassico,  ha portato all'istituzione di numerose specie, fiorite nell'arco di 129 anni e con diversi tassi di attendibilità.
La specie tipo del genere è Allosaurus fragilis, descritta nel 1877 da Marsh sulla base di poche vertebre, frammenti di costole e di ossa a degli arti anteriori ed un dente.
Data la frammentarietà dei reperti nel 2010 Paul e Carpenter proposero di istituire il campione USNM 4734, formato da uno scheletro molto completo, come neotipo per la specie.
Oltre alla specie tipo ne furono individuata altre sette, tutte risalenti al tardo Giurassico, di cui quattro simpatriche provenienti dal Nord America, ossia A.atrox, A.maximus , A.amplexus (protagonista del mio precedente post) ed A.jimmadseni, una proveniente dai letti fossili di Tendaguru in Africa nominata A.tendagurensis ed infine una europea battezzata nel 2006 da Mateus et al. A.europaeus.
Ma quali di queste specie sono ritenute valide e sulla base di quali dati ?
Iniziando dai reperti rinvenuti in America:
A.atrox- Nel 1878 Marsh istituì sulla base di YPM 1890 (ennesimo campione di theropode frammentario proveniente dalla Morrison Formation) Creosaurus atrox. Successivamente Gregory Paul obiettò l'istituzione del genere Creosaurus, affermando che i resti fossero da attribuire ad una specie di Allosaurus caratterizzata da creste sopraorbitali meno prominenti rispetto alla specie tipo e corporatura più robusta.
Tuttavia una teoria che prevedeva due specie comuni di Allosaurus coeve e simpatriche non convinse mai i paleontologi, e nel 1996 un analisi compiuta da Smith su tutta la popolazione nordamericana di Allosaurus sp portò alla conclusione che le differenze tra A. fragilis ed A.atrox rientrano nel range di differenza intraspecifica e si presentano prevalentemente come differenze di natura proporzionale più che morfologica. A.atrox di conseguenza divenne sinonimo junior di A.fragilis.
A.maximus- Specie di grandi dimensioni istituita da Smith nel 1998 sulla base dei reperti descritti da Chure come Saurophaganax è oggi considerato appartenente ad un genere a se stante con tratti in comune sia con gli allosauridi che con i Carcharodontosauridi nominato Saurophaganax maximus.
A.jimmadseni- Nel 2000 Chure identifica una nuova specie di Allosaurus proveniente dalla Morrison Formation ma risalente a qualche milione di anni prima rispetto ad Allosaurus fragilis. Esso parrebbe distinguersi dalla specie tipo in diversi dettagli morfologici, tra cui un giungale con margine inferiore rettilineo.
Il campione su cui Chure si basa è uno scheletro quasi completo, dotato di cranio, e sebbene l'esemplare non sia ancora stato descritto minuziosamente resta un reperto importante, in quanto potrebbe fornirci diversi dettagli sull'evoluzione degli allosauridi.
A.tendagurensis- Nel 1925 Janensch nominò Allosaurus- tendagurensis sulla base di una tibia rinvenuta in Tanzania. Non essendo la tibia portatrice di nessun carattere diagnostico, l'assegnazione di tale reperto al genere Allosaurus è molto arbitraria.
In accordo con Rauhut (2011), e sulla base del luogo di ritrovamento e dell'età del reperto, l'ipotesi più probabile è che esso sia appartenuto ad un Carcharodontosauridae basale.
A.europaeus- Nel 1999 furono rinvenuti in Portogallo i primi resti fossili che testimoniavano la presenza di Allosaurus in Europa.
L'esemplare fu assegnato ad Allosaurus fragilis, ma nel 2006 sulla base di nuovi e più completi reperti Mateus et al. istituirono una nuova specie, A.europaeus differente dalla specie tipo in diversi dettagli anatomici del cranio.
Nel 2007 tuttavia un team di paleontologi obiettò, affermando che non esiste alcuna specie endemica europea di Allosaurus, ma solo esemplari di A.fragilis emigrati dal continente americano al Portogallo (nel Giurassico superiore, i due continenti erano separati solo da un mare interno poco profondo) e criticando l'esistenza di A.europaeus come specie.

mercoledì 2 gennaio 2013

Allosaurus species - Atto primo

Nel 1878 Edward Drinker Cope rinvenne nella Morrison Formation americana tre vertebre, un coracoide e parte di un metatarso di dimensioni eccezionali, tanto che il cacciatore di fossili inizialmente pensò appartenessero ad un sauropode che nominò Epanterias amplexus.
Tali reperti formano il campione AMNH 5767, oggi correttattamente attribuito ad un teropode gigante appartenente alla famiglia degli allosauridi vissuto nel Giurassico superiore 148 milioni di anni fa.
Nel 1988 Gregory Paul assegnò il campione al genere Allosaurus, ipotizzandone  quindi la presenza di una specie gigante da lui nominata A.amplexus.
I fossili rinvenuti da Cope però pur essendo molto simili ai corrispettivi di Allosaurus non presentano alcun carattere diagnostico per cui sia possibile istitutire un genere od una specie a sé stanti che accolgano il reperto.
In accordo con Chure (2000), e tenendo presente l'età ed il luogo di ritrovamento dei fossili, l'ipotesi più probabile è che tali resti siano appartenuti ad un esemplare di Allosaurus fragilis, e che le deboli differenze riscontrate tra tale specie e AMNH 5767 siano da attribuire alla taglia dell'esemplare e di conseguenza alla sua probabile età avanzata.
Dalle dimensioni del coracoide  rinvenuto da Cope possiamo stimare,sulla base di scheletri più completi di Allosaurus, che l'esemplare in questione fosse lungo circa 11 metri per un peso di 3 tonnellate e che fosse quindi relativamente più grande di ogni altro suo conspecifico fino ad ora rinvenuto.

Sotto le taglie stimate per diversi esemplari di Allosaurus:
AMNH 5767, 11m. - in marrone
AMNH 680, 9,5m. - in rosso
La taglia media degli esemplari rinvenuti di Allosaurus fragilis, 8m. - in verde
MOR 693 "Big Al", 7,5m. - in giallo

martedì 1 gennaio 2013

Tyrannosaurus vs Loxodonta

In un recente documentario andato in onda pochi giorni fa su di un famoso canale di divulgazione scientifica italiano è stato mostrato come sia possibile stimare la velocità ed il range di movimenti di Tyrannosaurus rex sulla base  dei parametri appartenenti al più pesante animale terrestre oggi vivente, Loxodonta africanus, ossia l'elefante africano.
In questo post spiegherò perché tale stima sia del tutto inattendibile, consigliando a chiunque abbia anche solo pensato il contrario di dare una bella ripassata alle basi di anatomia comparata.
Partendo da alcune ovvietà :
Tyrannosaurus è un bipede obbligato, mentre Loxodonta un quadrupede quindi lo scarico della forza peso avviene in modo nettamente diverso tra i due generi, invalidando alla base la tesi secondo cui l'elefante sia una buona base per studiare i parametri di velocità e range di movimenti di Tyrannosaurus.
Inoltre gli arti dei due i animali presentano adattamenti evolutivi totalmente diversi, in quanto mentre il pachiderma è plantigrado, ossia poggia il peso su tutta la pianta del piede,  e presenta ridotte articolazioni del ginocchio e della caviglia (caratteristiche tipiche di un animale camminatore ), Tyrannosaurus è digitigrado, poggiando solo sulle tre dita degli atri inferiori, possiede ampie articolazioni del ginocchio ed una struttura pedale caratteristica, chiamata ARCTOMETATARSO, in cui il terzo metatarsale resta serrato tra le ossa vicine conferendo al piede solidità ed accentuando lo scarico della forza peso che altrimenti graverebbe eccessivamente sul terzo dito del teropode.
Tale caratteristica è presente anche nella famiglia degli Ornithomimidi, ed è quindi da ricollegare ad abitudini cursorie.
Appare quindi chiara la debolezza del modello applicato, e di conseguenza l'inattendibilità dei risultati ottenuti che prevedevano per Tyrannosaurus una velocità di circa 30km/h.