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giovedì 30 maggio 2013

Meccaniche nutrizionali nei coccodrilli e negli Spinosauri

La teoria secondo cui il regime alimentare degli spinosauridi (nodo Barionyx + Spinosaurus) fosse basato su di una dieta prevalentemente ittiovora si è evoluta parallelamente alla scoperta di reperti fossili spinosauridi in tre continenti, fortemente supportata dalla morfologia rostrale di questi animali (ricordate? Ad ogni morfologia corrisponde una specifica funzione) e dalla presenza di scaglie di pesce (Lepidotes) associate ad una cavità toracica di B.walkeri.
In quest'ultima settimana di Maggio Cuff e Rayfield pubblicano un articolo incentrato sulla biomeccanica dei rostri degli spinosauridi, in particolare Barionyx (NHMUK VP R9951)e Spinosaurus (NHMUK 16665), in cui essi vengono comparati con tre rostri di altrettante specie di coccodrilli viventi, il gaviale (Gavialis gangeticus), il coccodrillo catafratto (Mecistops cataphratus) e l'alligatore americano (Alligator mississipiensis).
I risultati sono interessanti:
Infatti dopo aver creato dei modelli digitali dei rostri dei 5 Taxa gli autori hanno applicato ad essi la teoria delle travi, indagando quanto gli stessi fossero resistenti alle flessioni dorsali e medio laterali ed alla torsione, e giungendo alla conclusione che i rostri allungati come quelli delle due specie di coccodrillo longirostrinae (gaviale e coccodrillo catafratto) e degli spinosauridi (dopo aver corretto le dimensioni) si dimostrano meno resistenti alle sollecitazioni dei rostri più corti (alligatore).
L'insolita morfologia rostrale degli spinosauridi infatti avrebbe potuto garantire qualche vantaggio rispetto ad una flessione dorso-ventrale, tuttavia sia Barionyx che Spinosaurus risultano scarsamente equipaggiate a sopportare flessioni medio laterali o forze di torsioni, e di conseguenza ad assorbire i colpi di una grossa preda che lotta per liberarsi.
D'altro canto reagisce bene a questo genere di sollecitazioni il rostro dell'alligatore, che come altri coccodrilli adattatisi a cacciare grosse prede è solito usare proprio la torsione per staccare brandelli di carne dalle prede.

mercoledì 29 maggio 2013

Aurornis xui

Una grande pubblicazione su "Nature" da parte di un team internazionale di paleontologi.
Io non ho nulla da aggiungere ma ci consiglio caldamente di fare un salto sul blog "Theropoda" gestito da Andrea Cau, uno degli autori dello studio in questione.

martedì 28 maggio 2013

Il nome non fa il rettile Brontosaurus versus Supersaurus

Questo è un post che potrebbe rientrare nella serie "tassonomia", un po' come lo fu quello redatto qualche tempo fa e dedicato ai tirannosauri canadesi Albertosaurus e Gorgosaurus, tuttavia resterò vago del precedente perché (forse) premonitore di qualcosa che sarà pubblicato da altri (più autorevoli del sottoscritto), a cui lascio tutto l'onere delle conclusioni, altrove.

Tutti conoscono, in maniera più o meno superficiale, la storia (oramai divenuta mito) tassonomica di Apatosaurus (=Brontosaurus), tuttavia pochi sono a conoscenza delle differenze presenti tra le tre specie ascritte al genere(si, le specie di Apatosaurus generalmente ritenute valide sono tre), e della possibile diversità biologica ed evolutiva presenti tra esse.
A dispetto di tali differenze specifiche, nel 1903 il paleontologo Riggs pubblicò una revisione tassonomica del genere, in cui sostenne che tali differenze non fossero tali da giustificare la separazione delle specie in due generi.
Contrariamente a quanto affermato da Riggs nel corso di questo post tenendo presente che tassonomicamente la specie tipo resterebbe ancorata al nome generico Apatosaurus anche qualora il nome Brontosaurus tornasse in auge,  mi riferirò con il termine Apatosaurus solo alla specie A.ajax, mentre il nome generico con cui mi riferirò alle altre due specie (A.excelsus ed A.louisae) sarà Brontosaurus (Marsh 1879).
Le due specie di Brontosaurus sono molto robuste e compatte (in modo particolare la specie B.louisae), entrambe mostrano alte spine neurali nelle vertebre dorsali e sacrali che decrescono velocemente quanto più ci si allontana distalmente dal bacino (caratteristica particolarmente vistosa nella specie A.excelsus) e presentano scapolacoracoidi ed ileo espansi.
Apatosaurus ajax al contrario si presenta più leggero e morfologicamente snello; le vertebre cervicali sono allungate, ed in generale il collo è proporzionalmente più lungo di quanto appare in Brontosaurus, l'ileo appare invece ridotto, così come il coracoide (tale carattere potrebbe avere però origine antigenica), e le spine neurali delle vertebre dorsali e sacrali non sono allungate come nelle altre specie.
Tali caratteristiche avvicinano Apatosaurus ad un altro gigante della Morrison Formation, Supersaurus vivianae , forse in maniera più netta di quanto non accada con i suoi attuali congenerici, i quali presentano molte meno affinità con Supersaurus.

Sotto- Apatosaurus ajax (il ragazzo snello)e Apatosaurus/Brontosaurus louisae (quello grosso) from Paul and Hartman.

venerdì 24 maggio 2013

Fatiche da predatori

Certamente tutti ricorderanno la bonebed monospecifica di Mapusaurus rosae, descritta da Coria e Currie (2006), e contenente materiale fossile cranico e postcraniale attribuito ad almeno nove individui di Carcharodontosauridi a diversi stadi ontogenici di dimensioni comprese tra i 5,5 ed i 9,8 metri, reputata da alcuni (forse ingenuamente*) come prova di aggregazione/ comportamento sociale nei theropodi mesozoici.
Questa settimana Bell e Coria (2013) hanno pubblicato uno studio effettuato su 176 elementi provenienti dalla bonebed della Huincul Formation atto a stabilire la presenza di traumi e patologie sulle ossa di questi animali.    
I risultati sono interessanti, e si allineano con la nostra conoscenza delle patologie tipiche dei theropodi mesozoici.
Infatti emerge che le anomalie ossee erano abbastanza rare, presenti in percentuali tra il 7 ed il 19% degli individui, e che nella maggior parte dei casi esse erano di origine traumatica o infettiva derivante da una ferita precedente.
In particolare gli autori descrivono due costole dorsali ( MCF-PVPH 108-175  e MCF-PVPH 108-220) recanti segni di frattura, le quali tuttavia risultano essere guarite bene durante il corso della vita dell'animale, come spesso documentato in altri theropodi di grandi dimensioni come Allosaurus o Albertosaurus, e due infezioni, localizzate rispettivamente su di una vertebra cervicale (MCF-PVPH 108-90 una delle poche ad essere rinvenute) ed una su di una falange del piede (MCF-PVPH 108-23) che potrebbero essere state originate da agenti batterici o micotici, anche se non è possibile escludere cause di tipo diverso come artrite reumatoide o tubercolosi.
Infine viene descritta un'anomalia dell'ileo (MCF-PVPH 108_181) il quale presenta cinque lesioni erosive che si presentano come fori di ampiezza e profondità variabile (da 8 a 50 mm) le cui cause, nonostante appaiano di natura patologica rimangono ancora da chiarire.
Le lesioni rinvenute vengono utilizzate dagli autori come prova di vita (e caccia) attiva e potenzialmente pericolosa per i predatori, e la somiglianza delle fratture rinvenute sulle costole di Mapusaurus con quelle osservare in altri grandi theropodi avvalora quest'ipotesi.
Infine nessuna di queste lesioni sembra aver portato alla morte degli esemplari affetti, ma mentre le ferite alle costole appaiono ben rimarginate e guarite al momento della morte è possibile ipotizzare che le patologie rinvenute sull'ileo e la falange pedale sarebbero potute degenerare, nonostante non fossero limitative per gli animali al momento della loro morte.

*Indagini tafonomiche hanno confermato che le ossa subirono due volte un procedimento di seppellimento ad opera di acqua corrente intervallat  da un lungo periodo di esposizione ad ambiente subaereo durante il quale esse furono danneggiate e calpestate.
L'abbondanza di ossa lunghe quali costole, femore, tibia e metatarsi e la relativa scarsezza di ossa di piccole dimensioni suggeriscono una forte selezione attuata da processi di trascinamento dell'acqua.

martedì 21 maggio 2013

Il gigante di Mamenchi

Il genere Euplocephalus  (protagonista delle mianprecedenti pubblicazioni su questo blog) non è certo stato l'unico nella storia della paleontologia a divenire un contenitore per diversi Taxa e anzi, come già anticipato in un VECCHIO post, è altamente probabile che sorte analoga sia toccata anche al genere Mamenchisaurus, che comprende attualmente otto specie di sauropodi cinesi dal collo lunghissimo.
Tuttavia esistono diverse caratteristiche morfologiche, quali un numero differente di vertebre cervicali e sacrali, differenti proporzioni negli archi e nelle spine neurali, presenza o assenza di clava caudale e ampio divario tra le dimensioni degli animali che suggeriscono che la parentela tra questi animali non fosse così stretta da giustificare l'attribuzione di tutte queste specie ad un unico genere.
Tra tutte e otto le specie, alcune note tramite resti fossili così poveri che non è possibile ricostruire in maniera verosimile l'animale, ne risulta una davvero interessante (e gigantesca), l'unica in grado di eccedere in dimensioni la taglia di Diplodocus, Mamenchisaurus sinocanadorum, proveniente dalla Shishugau Formation (Cina nord-occidentale) e descritto da Russel e Zheng nel 1994.
L'olotipo IVPP V10603 (unico materiale riferito alla specie ed ufficialmente descritto) è formato da parti del cranio (denti e mandibola) ed alcune vertebre cervicali sparse, che tuttavia presentano un particolare non trascurabile, ossia le costole cervicali più lunghe mai rinvenute in un sauropode, con una lunghezza di 4,1 metri.
I resti dell'animale furono assegnati al genere Mamenchisaurus sulla base della morfologia delle vertebre rinvenute, le quali si presentano fortemente allungate, e per la nuova specie
fu stimata una lunghezza di 26/30 metri.
Tuttavia, oggi nella classifica dei tre "biggest mounted skeleton of dinosaur" troviamo al secondo posto proprio uno scheletro di Mamenchisaurus sinocanadorum lungo 35 metri, posto in display ne paese del Sol Levante e ricostruito con un collo lunghissimo, in grado di farlo rivaleggiare con il mitico collo di Supersaurus.
Infatti la straordinaria morfologia delle vertebre cervicali dell'olotipo di M.sinocanadorum, unito al numero estremamente elevato di vertebre cervicali riscontrato nei mamenchisauri (18/19 a seconda delle specie) portano ad ipotizzare per l'animale una lunghezza del collo stimabile tra gli 11 ed i 13 metri, anche ridimensionando le dimensioni complessive dell'animale, riportandole dai 35 metri record della replica esposta in Giappone ai 30 metri originariamente stimati per l'esemplare.
So che qualcuno potrebbe replicare citando alcuni rumors riguardanti l'esistenza di reperti attribuiti a Mamenchisaurus (sp ?) in grado di convalidare le stime dimensionali da record esposte in Giappone, ma sono dell'idea che finché tali fossili non saranno descritti o mostrati tramite fotografie in HD non ci sia nulla di cui parlare, e che sia più saggio mantenere le stime dimensionali della più grande specie dei rettili di Mamenchi comprese entro i 30 metri.

Sotto- Il gigantesco e probabilmente sovrastimato Mamenchisaurus sinocanadorum esposto in Giappone con tutto il suo lunghissimo collo

venerdì 17 maggio 2013

Scolosaurus cutleri and the Diversity of Ankylosaurid Dinosaurs

Siamo arrivati infine all'ultimo post della serie dedicata agli ankylosauridi del Campaniano nordamericano, il quale vede come protagonista Scolosaurus cutleri, descritto da Napcsa nel 1928 sulla base dell'olotipo NHMUK R.5161, particolarmente famoso per il superbo stato di conservazione della "corazza" dorsale, la quale presentava impressioni della pelle e diversi osteodermi in situ, disposti in file lungo il dorso, e successivamente sinonimizzato da Coombs con Euplocephalus tutus nel 1971, come tutti gli altri protagonisti di questa serie di post.
Tuttavia la storiam(tassonomica) di Scolosaurus è ancora più complessa rispetto a quella degli altri ankylosauridi, infatti pare che in questo 2013 questo taxon sia stato ridescritto due volte, prima come Oohkotokia horneri ( Penkalski 2013) e poi come Scolosaurus cutleri (riprendendo la tassonomia di Napcsa per evitare ulteriori fraintendimenti).
In questo modo O.horneri è risultato essere sinonimo junior di Scolosaurus dopo soli pochi mesi dalla sua istituzione, in quanto morfologicamente indistinguibile da quest'ultimo (come anticipato nel primo post di questa serie).
Ora, dopo i dati tassonomici passiamo ai più succulenti dati tafonomici e morfologici che permettono di distinguere il Taxon dagli ankylosauri precedentemente descritti:
S.cutleri proviene dal limite tra la Goldman Formation e la Dinosaur Park Formation (77/76 MAF), e potrebbe essere il più antico ankylosauride noto del nord America, inoltre differisce da Anodontosaurus e Dyoplosaurus per la morfologia della clava caudale che appare quasi perfettamente circolare in visione dorsale e non si presenta ne più allargata trasversalmente ne allungata longitudinalmente.
Inoltre differisce da Euplocephalus e Anodontosaurus nella morfologia delle corna dello squamoso che appaiono relativamente più grandi e triangolari, dotate di apici ben definiti,inoltre contrariamente ad Euplocephalis possiede piccole caputegulae circolari alla base dello squamoso e del quadratojugale, e da tutti gli altri Taxa qui presi in considerazione per avere un processo postacetabolare dell'ileo proporzionalmente più lungo.
Inoltre differisce da Dyoplosaurus nella morfologia degli osteodermi presenti alla base della coda che si presentano conici e da Euploceohalus e Anodontisaurus nell'avere caputegolae semicircolari sul primo semi anello cervicale.
Come gli altri Taxa differisce infine da Ankylosaurus nell'avere narici dirette anteriormente e nella mancanza di una chiglia continua tra il corno dello squamoso ed il sopraorbitale.

Sotto- Morfologia della clava caudale che appare circolare in visione dorsale

giovedì 16 maggio 2013

Dyoplosaurus acutosquameus and the Diversity of Ankylosaurid Dinosaurs

Eccoci giunti alla terza puntata di una serie di post incentrati sul lavoro di Arbour e Currie (2013) che ha notevolmente ampliato il range di ankylosauri noti provenienti dal tardo Cretaceo nordamericano, riesumando tre nuovi generi a lungo considerati sinonimi junior di Euplocephalus.
Oggi mi occuperò nel dettaglio di Dyoplosaurus acutosquameus, originariamente istituito da Parks nel 1924, sulla base di ROM 784, comprendente un cranio frammentario, una serie completa di vertebre caudali incluso il tamil club, alcune costole, il cinto pelvico ed alcuni elementi degli arti posteriori e diversi osteodermi in situ.
L'olotipo proviene  dalla Dinosaur Park Formation (Alberta), così come anche l'esemplare riferito UALVP 47273, una clava caudale parziale, ed in particolare il genere pare essere relativamente antico essendo stato rinvenuto negli strati più bassi della formazione.
Dyoplosaurus acutosquameus differisce da Euplocephalus, Anodontosaurus e Scolosaurus nell'avere costole sacrali dirette anterolateralmente, per avere unguali di forma triangolare ( in visione dorsale) e nella caratteristica morfologia della clava caudale, la quale si presenta proporzionalmente piccola e più allungata longitudinalmente di quanto non sia allargata trasversalmente.
Si differenzia inoltre da Scolosaurus cutleri nella presenza di osteodermi triangolari alla base della coda(su entrambi i lati) e nell'avere un processo postacetabolare più corto.
Infine differisce da Ankylosaurus magniventris nell'avere narici dirette anteriormente  ed in mancanza di una chiglia continua tra il corno dello squamoso ed il sopraorbitale.

Sotto- Olotipo di Dyoplosaurus acutosquameus

martedì 14 maggio 2013

Anodontosaurus lambei and the Diversity of Ankylosaurid Dinosaurs

Prosegue la serie di post relativa ai Taxa ankylosauridi re istituiti da Arbour e Currie dopo lo smembramento tassonomico effettuato sui resti precedentemente attribuiti ad Euplocephalus tutus (per maggiori informazioni vedi post precedente) che vedrà oggi protagonista Anodontosaurus lambei, istituito ufficialmente da Sternberg nel 1929 e riesumato quest'anno dopo oltre quarant'anni di sinomia con E.tutus.
L'olotipo CMN 8530 comprende parte del cranio, la mandibola il primo semi anello cervicale, l'ischio, una falange podale, una vertebra caudale ed osteodermi, e proviene dall'Alberta, tuttavia esemplari riferibili ad Anodontosaurus provengono anche dalla Horseshoe Canyon Formation e dagli strati superiori della Dinosauri Park Formation.
Anodontosaurus lambei presenta una morfologia del tail club particolare, in quanto essa presenta due grossi osteodermi laterali di forma triangolareggiante, ed in generale la "clava" caudale si presenta più allargata trasversalmente che allungata longitudinalmente, tuttavia si distingue dagli altri grandi ankylosauri nordamericani per diverse caratteristiche:
Infatti differisce da Scolosaurus ed Euploceohalus nell'avere caputegolae semicircolari alla base delle corna dello squamoso e del quadratojugale ed osteodermi interstiziali alla base di quelli primari sul primo semi anello cervicale, inoltre si distingue da Dyoplosaurus nell'avere costole sacrali dirette lateralmente e l'unguale del piede a forma di U.
Differisce da Scolosaurus nell'avere una proporzione più breve del processo postacetabolare dell'ileo e da Ankylosaurus nell'avere narici dirette anteriormente ed un mancanza di una chiglia continua tra il corno dello squamoso ed il sopra orbitale.

Sotto- Differenze morfologiche tra le tali club degli ankylosauri delle maggiori formazioni canadesi, si notino i grandi osteodermi triangolareggianti di A e B, reperti riferiti ad Anodontosaurus lambei (Immagine aggiunta a puro scopo didattico).

lunedì 13 maggio 2013

Euplocephalus tutus and the Diversity of Ankylosaurid Dinosaurs

In questi primi mesi del 2013 due pubblicazioni del paleontologo Paul Penkalski, sfociate nell'istituzione e descrizione di Oohkotokia, hanno riportato in auge la questione dello smembramento tassonomico dei reperti attribuiti all'ankylosauride E.tutus, iniziato nel 2010 ad opera Victoria Arbour.
Oggi, Arbour e Currie dopo aver analizzato numerosi reperti di ankylosauridi provenienti dalla Dinosaur Park Formation, dalla Horseshoe Canyon Formation ed averli confrontati con fossili provenienti dal Montana pubblicano uno studio interessante ed esauriente riguardo la fauna ad ankylosauri presente in nord America nel Cretacico superiore, riclassificando i reperti fossili attribuiti ad Euplocephalus tutus da Coombs nel 1971, e re istituendo tre generi rimasti fino ad oggi racchiusi in E.tutus, Anodontosaurus lambei, Dyoplosaurus acutosquameus e Scolosaurus cutleri, sinonimo di Oohkotokia horneri (NdT gli autori hanno preferito mantenere la distinzione a livello di genere per non creare ulteriore confusione tassonomica).
I generi sono stati individuati sulla base du caratteristiche morfologiche caratteristiche stratigraficamente raggruppate, difficilmente riconducibili a variazioni ontogeniche o di dimorfismo sessuale.
Le distinzioni tra i diversi taxa sono state individuate infatti sulla base di elementi craniali, degli ornamenti e degli osteodermi, del cinto scapolare e pelvico,degli arti e della coda, munita della tipica terminanza a clava (tali club).

Da oggi, partendo proprio da Euplocephalus tutus, scriverò diversi post atti a facilitare la distinzione tra i diversi Taxa "ritrovati".

Euploceohalus tutus (Farke e Raymond sensu)- Proveniente dagli strati più profondi della Dinosaur Park Formation (30 m), differisce da Anodontosaurus e Scolosaurus per la mancanza di caputegolae postoculari alla base delle corna dello squamoso e del quadratojugale, inoltre differisce da Anodontosaurus lambei in mancanza di osteodermi interstiziali alla base degli osteodermi primari sul primo anello cervicale e per avere i maggiori osteodermi della tali club di forma semicircolare e da Scolosaurus cutleri nell'avere un processo post acetabolare proporzionalmente più breve dell'ileo.
Differisce da Anchilosaurus magniventris per avere narici dirette anteriormente ed in mancanza di una chiglia continua tra il corno squamoso ed il sopraorbitale.
Infine rispetto a Dyoplosaurus presenta costole sacrali dirette lateralmente.

mercoledì 8 maggio 2013

Morrison Giants

In un precedente post riguardante il leggendario Amphicoelias fragillimus accennai al fatto che la gigantesca vertebra (ormai perduta) che compone l'olotipo del Taxon (AMNH 5777) potesse in realtà essere appartenuta ad un diplodocide gigante meglio conosciuto (Diplodocus/Seismosaurus hallorum), basando tali dichiarazioni sia sulla morfologia della vertebra in questione, che presenta diverse analogie con quelle diplodocoidi, sia sulla provenienza del reperto, rinvenuto in Colorado esattamente come gli straordinari fossili attribuiti a Seismosaurus/Diplodocus, che hanno portato ad ipotizzare per l'animale una lunghezza superiore ai 35 metri.
Una visione di questo tipo poteva risultare semplicistica, mirata a sminuire la biodiversità mesozoica, o noncurante della variazione del range dimensionale che si avrebbe inserendo  A.fragillimus all'interno di un genere noto e ben documentato come Diplodocus (> Seismosaurus), tuttavia esiste un reperto, una altra vertebra di sauropode, anch'essa proveniente dalla Morrison Formation, che potrebbe rafforzare la mia tesi.
Il reperto in questione è OMNH 1670, una vertebra di Apatosaurus proveniente dall' Oklahoma alta 135 centimetri e descritta morfologicamente nel dettaglio dal paleontologo M. Wedel sul blog SV-POW.
Tale vertebra, individuata come una quinta o sesta dorsale dal paleontologo è sensibilmente più grande di una tipica vertebra corrispettiva di Apatosaurus (misuranti in genere 100, 110 centimetri), e sembrerebbe plausibile ritenere che essa sia appartenuta ad un esemplare avente una massa doppia rispetto ai grandi esemplari di Apatosaurus generalmente noti, e che fosse in grado di rivaleggiare in dimensioni con altri sauropodi giganti del tardo Giurassico americano come Supersaurus.
Questi reperti, per quanto frammentari, dimostrano come sia possibile identificare casi di "gigantismo" all'interno del campione di sauropodi provenienti dalla Morrison Formation, forse attribuibili all'età particolarmente avanzata degli individui, e si supportano a vicenda avvalorando la tesi secondo cui le grandi ossa sparse, morfologicamente simili a quelle di morfospecie identificate in precedenza possano rivelarsi utili indizi per comprendere l'ontogenesi dei sauropodi ed il loro incredibile sviluppo dimensionale.
(Naturalmente ciò non è valido per l'olotipo di A.fragillimus poiché nel 1878, anni in cui Cope descrisse l'enorme vertebra dal Colorado non esisteva alcun olotipo di Seismosaurus).

PS-A proposito non posso non menzionare Alamosaurus, a lungo considerato un titanosauro evoluto ma di piccole dimensioni (a causa dei reperti appartenuti a forme giovanili identificati come esemplari adulti)ed oggi individuato come uno dei sauropodi più possenti del nord America grazie a nuove scoperte.

Sotto- L'Apatosaurus dell'Oklahoma scalato sulla base di OMNH 1670, il collo non è rappresentato secondo la osteologically neutrale pose. (By oghaky on DeviantArt)

lunedì 6 maggio 2013

Vecchia storia, nuovo Taxon

Quando si parla di coccodrilli mesozoici balenano subito alla mente immagini di rettili giganteschi, capaci di scattare in modo fulmineo fuori dall' acqua catturando qualche malcapitato dinosauro (in genere un ornitopode) e trascinandolo in acqua, in maniera analoga a quanto avviene oggi in Africa, dove Crocodylus nilotitus tende agguati ai grandi mammiferi che si recano nei pressi di specchi d'acqua per abbeverarsi o migrare.
Tuttavia questa singola visione delle interazioni tra dinosauri e coccodrilli, per quanto generalmente corretta, risulta semplicistica, in quanto il record fossile a nostra disposizione mostra che i crocodylia fu un clade permeante, molto diffuso durante il mesozoico, e che solo una piccola frazione di essi raggiunse durante il proprio sviluppo dimensioni ipertrofiche.
Farke et al. (2013) descrivono i resti di un nuovo hypsilophodontide basale dalla Kaiparowits Formation (Campaniano, nord America), probabilmente collocalibile tra Orodromeus e Hypsilophodontidae, recante segni di morso da parte di un coccodrillo su femore e scapola, uno dei quali recante ancora un frammento del dente del predatore incastrato nell'osso della preda.
Risalire all'identità del "killer" è un impresa estremamente ardua, soprattutto perchè la
Kaiparowits Formation presenta una vasta fauna a coccodrilli (spesso basata su elementi incompleti, tuttavia è possibile eliminare con certezza la possibilità che sia stato un animale di grandi dimensioni a nutrirsi del  giovane hypsilophodontide ( individuato come esemplare subadulto a causa di elementi scheletrici non fusi all'altezza del sacro e della colonna vertebrale), e basandosi sulla conoscenza che abbiamo dei coccodrilli viventi è possibile stabilire che un aggressore vicino ai due metri di lunghezza sarebbe stato capace di trascinare e uccidere una preda come l' hypsilophodonte di Kaiparowits, avente un peso stimato di circa 20 kg sulla base della circonferenza del femore.

giovedì 2 maggio 2013

Fight like... a bird!

Una illustrazione di L. Rey raffigurante due (giovani?) Tyrannosauridi in lotta.
Segni di brutalità intraspecifica non sono rari nei membri di tale famiglia, e si ritrovano in modo particolarmente diffuso nei generi di grandi dimensioni.
In particolare è possibile identificare sul rostro diversi esemplari i segni di morsi inflitti da altri tyrannosauri, probabile conseguenza di lotte tra individui giovani o indicatore di una sorta di gerarchia alimentare, simile all' ordine di beccata riscontrabile nei pollai.
Anche in questo ultimo caso è probabile che fossero gli individui immatur (non in età riproduttiva) a radunarsi in gruppi ed istituendo una sorta di gerarchia basata su combattimenti rituali o dimostrazioni di forza in cui gli individui sconfitti ricevevano morsi sul muso in segno di sottomissione.
Una gerarchia istituita in questo modo può sembrare bizzarra, ma comporta diversi vantaggi quando diversi esemplari condividono un areale relativamente ridotto.
Infatti terminate le dispute tra gli individui e stabilito quali siano gli esemplari "dominanti" la vita degli animali potrà trascorrere in modo relativamente tranquillo, priva di continue e sfibranti lotte intraspecifiche che allontanerebbero gli animali dallo svolgimento delle loro attività primarie.
Inoltre un sistema gerarchico di questo tipo favorirebbe gli esemplari più forti, garantendo ad essi, una volta raggiunta la maturità sessuale, di lasciare il maggior numero di discendenti.
È tuttavia improbabile pensare che questi morsi (o la maggior parte di essi) venissero inferti da/tra individui completamenti maturi, poiché le conseguenze di una tale ferita sarebbero, in molti casi, risultate fatali.