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sabato 30 marzo 2013

Come Spinosaurus... Ma con le piume!

Una meravigliosa rappresentazione di Austroraptor, impegnato nella sua attività di caccia, by Vasix on Deviant Art.
Riguardo le possibilità ittiofaghe di un Deinonychosauro basale esse sono descritte qui in maniera dettagliata.
E questo post voleva essere in realtà solo un pretesto per mostrare questa insolita, interessante ed estremamente naturale rappresentazione di un Dromaeosauride.
A tutti coloro che potrebbero restare delusi da tale adattamento nutrutivo di un"raptor" gigante e preferivano l'immagine di una ccoppia di Austroraptor a caccia di giovani sauropodi sudamericani (che spopola sul web) consiglio di restare connessi perché presto potrebbero essere ricompensati...

venerdì 29 marzo 2013

Gigantic-Raptor

Aspettando alcuni nuovi dati "ufficiali" riguardanti Utahraptor, che porterà ad una reinterpretazione della sua morfologia, voglio soffermarmi su di un Dromaeosauride di grandi dimensioni meno famoso ma altrettanto interessante...Achillobator giganticus.
Descritto da Perle, Norrel e Clark nel 1999 e proveniente dai giacimenti di fossili della Mongolia è un Dromaeosauride gigante, capace di rivaleggiare in dimensioni con Utahraptor ostrommaysorum, (sulla base della tibia che misura 490 mm è possibile stimare per l'animale una lunghezza superiore ai 5 metri), ma questa non è l'unica caratteristica che avvicina i due Taxa.
Infatti dal risultato delle analisi filogenetiche condotte da Senter et al. (2012) è emerso che il gigante della Mongolia A.giganticus  rientra nello stesso clade di Utahraptor, ossia Dromaeosaurinae, ma non solo, infatti Achillobator presenta caratteristiche insolite, diagnosticate in un solo altro Taxon, guarda caso lo stesso U.ostrommaysorum.
Questi due Taxa  infatti presentano una morfologia simile al livello del bacino, maggiormente "basale" rispetto ai Dromaeosauridi più derivati, poiché la morfologia scheletrica delle ossa pelviche non presenta spiccate caratteristiche aviane tipiche invece dei Microraptorini e dei Velociraptorini, mentre d'altro canto possiedono un cranio evoluto, più simile a quello di Dromaeosaurus che a quello morfologicamente intermedio (tra Velociraptorini e Dromaeosaurini) di Deinonychus (come già notato da Perle durante la descrizione del Taxon), e quindi più largo, robusto e relativamente meno allungato, dotato  di una dentatura serrata.
Achillobator, come la maggior parte dei Dromaeosaurinae, sembra essere progettato per essere un animale potente più che veloce, capace di occupare una nicchia ecologica insolita per un Dromaeosauride, ossia quella di un predatore all'apice, essendo dotato della stazza (>300kg) e delle armi adatte (la seconda falange dell'arto posteriore si presenta altamente modificata ed atta a sostenere l'artiglio falciforme tipico della famiglia (Altangerel 1999)) ad abbattere prede di dimensioni ragionevolmente grandi.
È estremamente plausibile quindi, e mi ricollegò anche al post precedente riguardate la dieta di Austroraptor, che i Dromaeosauridi fossero un gruppo di animali adattabili, capaci di evolvere in diverse direzioni rispetto alla loro condizione originaria, e che di conseguenza potessero occupare nicchie ecologiche diverse (verosimilmente più di una sulla base della loro distribuzione attualmente nota) in diversi ambienti, specializzandosi, in alcuni particolari ecosistemi, nella caccia nell'abbattimento di prede di grandi dimensioni.
Infine per rispondere anticipatamente ad un possibile quesito che nascerà nei lettori più sagaci la risposta è si: le correnti ricostruzioni di Utahraptor sono troppo poco Dromaeosaurine ed eccessivamente basate su Deinonychus per restaurare in maniera fedele l'aspetto dell'animale.

mercoledì 27 marzo 2013

Ma che Vertebre Grandi che hai ! Titanosaur version

In questo blog ho più volte parlato di sauropodi giganti, spesso riferiti al clade dei Titanosauridi, e nei post riguardanti tale argomento ho spesso citato Puertasaurus reuili, pur senza mai soffermarmi particolarmente sulle sue caratteristiche... e credo sia giunto il momento di farlo.
Descritto da Novas et al. nel 2005 sulla base di quattro vertebre rinvenute qualche anno prima nella Pari Aike formation (Patagonia) Puertasaurus reuili (così nominato in onore degli scopritori, Pablo Puerta e Santiago Reuil, che portarono alla luce  le immense vertebre che compongono l' olotipo del genere nel 2001), nonostante i resti frammentari si impone come un sauropode da record, probabilmente il più grande mai rinvenuto in sud America, e forse l'animale dotato della più ampia cavità toracica conosciuto, ma andiamo con ordine.
Come accennato in precedenza l'olotipo MPM 10002, attualmente unico riferimento per la specie, è composto da sole quattro vertebre:
una cervicale, probabilmente la nona, una dorsale, descritta dagli autori come la seconda e due centri vertebrali caudali.
Ciò che più colpisce di tali vertebre sono le dimensioni, tanto che la dorsale, nonostante sia solo la seconda è la più larga mai attribuita ad un sauropode con i suoi 168 centimetri di larghezza, che indicano che tale animale in vita dovesse essere immenso, un ottimo candidato per il titolo "gigante tra i giganti".
Ma che animale era P.reuili, e come è possibile classificarlo ?
Nonostante la frammentarietà dei reperti rinvenuti attribuibili al genere Puertasaurus presenta alcune caratteristiche particolari, ossia spine neurali possenti ma brevi nella vertebra cervicale, dotata anche di ampie costole e larghe diapofisi (processi laterali delle vertebre) che si fondono sia con la spina neurale che con il centro vertebrale della grossa vertebra dorsale, che permettono di identificare Puertasaurus come un Lognkosauro (vedi post), e di conseguenza ci aiutano a delineare un aspetto plausibile per il Taxon.
Sulla base dell'unica vertebra cervicale nota e del clade di appartenenza di P.reuili infatti è plausibile ipotizzare che l'animale avesse un collo molto lungo e robusto, forse formato da 14 vertebre come nel caso di un altro grande Lognkosauro noto tramite resti più completi, Futalognkosaurus dukei, e che possedesse una coda verosimilmente più lunga dei Macronaria basali, ma ciò che più stupisce di questo animale è il torso.
Esso infatti nonostante probabilmente fosse relativamente corto, doveva essere straordinariamente largo come testimoniato dall'ampiezza delle ossa pelviche rinvenute ed attribuibili a Titanosauridi giganti, ma non solo, in quanto la straordinaria larghezza della vertebra dorsale di Puertasaurus suggerisce che l'animale possedesse una cavità toracica immensa, conservativamente superiore ai 5 metri di larghezza.
Oltre a questo record indiscusso, P.reuili potrebbe anche appropriarsi di quello di gigante tra i giganti, surclassando Argentinoaaurus con una lunghezza stimata di 38 metri, un peso di 100 tonnellate e la possibilità di sollevare la testa ad oltre 16 metri di altezza (qui un immagine delle dimensioni stimate per l'animale by Anima Sassani et Chris Masna on Deviant Art).

Sotto- Restaurazione in vita di P.reuili

lunedì 25 marzo 2013

Attacco frontale!

In questi giorni ricchi di rumors riguardanti il probabile seguito seguito della saga cinematografica Jurassic Park, voglio spezzare una lancia a favore dei celeberrimi "raptor" delle serie, che a dispetto dei loro numerosi errori morfologici, tegumentari e tassonomici (Ah la tassonomia di G. Paul...) di cui si discute ovunque, possedevano una caratteristica interessante, ingiustamente caduta in disuso nella paleoarte di oggi, ossia l'abilità nel tendere agguati.
In una delle scene madri della prima pellicola infatti il ranger del parco preistorico (di cui non ricordo il nome) viene sorpreso e ucciso dall' imboscata di uno dei "Velociraptor", perfettamente mimetizzato (o dovrei dire mimetizzata perché gli animali del parco sono tutte femmine?) tra la vegetazione ( in pratica muore come descritto da Alan Grant, che gliela tira nei primi dieci minuti di film).
Tornando seri:
Tale modello comportamentale è molto diffuso negli animali viventi, in quanto la capacità di avvicinarsi alle prede senza essere visto fornisce al predatore un vantaggio notevole che spesso fa la differenza tra una caccia andata a buon fine ed una fallimentare.
Anche tralasciando il fatto che l'agguato è uno dei punti cardine della caccia di molti uccelli predatori attuali, che piombano dall'alto sulle proprie vittime ignare, una tecnica di caccia basata sull'imboscata è perfettamente compatibile con la morfologia dei Dromaeosauridi, vantaggiosa per gli animali sia se considerati cacciatori solitari sia se interpretati come cacciatori sociali.
Questi animali infatti non presentano adattamenti cursori particolari, e di conseguenza è  probabile  ipotizzare che il loro stile di caccia fosse improntato verso un silenzioso avvicinamento alla preda, seguito da uno scatto repentino e dall'attacco finalizzato all'immobilizzazione della preda nel caso in cui la stessa fosse di dimensioni medio-piccole, o all'abbattimento di prede di grandi dimensioni mediante gli adattamenti brontofagi di uno o più individui, comprendenti l'artiglio falciforme posto sul secondo dito delle zampe posteriori in grado di provocare ferite letali (sia a causa del trauma che del conseguente sanguinamento) ma anche un'elevata forza del morso quantificata da
Gignac et al. (2010) come superiore ai 300 kg per Deinonychus.
Tuttavia, per qualche motivo, la maggioranza dei Dromaeosauridi derivati oggi rappresentati durante l'atto della caccia preferiscono lanciarsi in spietati inseguimenti, od attaccare frontalmente prede molto più grosse di loro... Non credo che ciò avrebbe giovato alla loro salute.

Sotto- Coppia di Deinonychus banchetta con i resti di un Tenontosaurus, non so se i predatori abbiano reso un agguato alla preda, ma la naturalità con cui la scena è stata rappresentata è meravigliosa.

venerdì 22 marzo 2013

Osteologically Neutral Pose

Esistono teorie che lasciano il segno, divenendo capaci di imporsi sull'iconografia artistica, innalzandosi quasi a verità assolute.
Questo post (preambolo di uno futuro e più strettamente personale riguardo la postura del collo dei sauropodi) sarà incentrato proprio su di una di esse, ossia la teoria dell' "Osteoligically Neutrale Pose" (d'ora in poi ONP), che nella sua versione più inclusiva ha condannato tutti i sauropodi ad una vita passata tenendo il collo in posizione perpendicolare al terreno.
La teoria dell' ONP fu formulata nel 1999 da Stevens e Parrish, e prevedeva che, articolando il cranio e le vertebre cervicali in modo tale che le zigapofisi si sovrapponessero, si sarebbe giunti alla posizione "standard" in cui l'animale in vita avrebbe tenuto il collo durante la maggioranza del suo tempo.
Sulla base di queste informazioni furono plasmati i celeberrimi "Diplodocus" della serie BBC "Walking with Dinosaur", inauguratori (o quasi) dell'era dei diplodocidi dotati di un collo mantenuto obbligatoriamente in posizione orizzontale, ma non è finita qui...
Nel 2005 gli stessi autori riproposero la medesima teoria, allargandola questa volta a tutte le sottofamiglie di Sauropodomorpha, portando alla nascita di alcune mistificazioni.
Come ho già trattato in precedenza infatti esiste (almeno) un gruppo di sauropodi che sembra essere appositamente costruito per mantenere eretto il collo, sollevando la testa spesso oltre i 10 metri di altezza, e -come il lettore attento/assiduo- avrà già sicuramente intuito mi riferisco proprio a Macronaria, una sottofamiglia di giganti che ha dominato il mondo dal tardo Giurassico alla fine del regno dei dinosauri.
Ora qualcuno potrebbe provare a smentirmi, affermando che non esistono molte illustrazioni di Brachiosauridi dotati di un collo inclinato orizzontalmente, e questo è in linea di massima vero, ma non è possibile affermare altrettanto per i titanosauridi.
Anzi, pare che la teoria ONP (2005) sia stata alla base della "trasformazione" che ha snaturato giganti come Argentinosaurus, mutandoli nelle "versioni massicce" dei diplodocidi visti in "Walking with dinosaur", in contrapposizione totale alla più stretta parentela che li lega ai Brachiosauridi, sempre apparsi in televisione nella loro eretta maestosità.
Ora, studi più recenti e basati sulla morfologia degli animali moderni (Taylor et al. (2009)e per ora non aggiungo niente) hanno confermato come la NOP non sia un buon parametro oggettivo per stabilire come gli animali orientassero il collo in vita, declassandola da verità acquisita a teoria superata, e permettendo ai sauropodi di rialzare la testa (Si, anche ai Diplodocidi, e forse fin troppo...).

Sotto- Una rappresentazione in scala dei "Sauropodi più grandi del mondo" in cui tutti i candidati sono ricostruiti secondo la teoria NOP, e la tanto straordinaria quanto ingiustificata metamorfosi subita da Argentinosaurus dopo Stevens e Parrish (2005).

mercoledì 20 marzo 2013

All Yesterdays

Certamente non devo essere io a recensire un libro come "All Yesterdays", che non solo è stato accolto con favore da critica e pubblico, ma anche ha dato il via ad una vera e propria corrente (paleo) artistica, basata su un tipo di visione alternativa/speculativa dei dinosauri.
La chiave di volta di questa corrente sta nella sua volontà di valicare il conservativismo accademico, caratterizzando gli animali estinti sulla base degli adattamenti che avrebbero potuto sviluppare vivendo in un determinato tipo di habitat, o dei curiosi comportamenti che oggi rendono vario ed incredibile il mondo animale ma che nessuno ha mai ipotizzato per i dominatori del mesozoico.
Un'altra nota di merito del libro, forse meno individuabile a colpo d'occhio, e sicuramente ,meno imitata, sta nelle sue raffigurazioni anti-stereotipate, grazie a cui alcune specie ideologicamente mitizzate in tavole e comportamenti standard hanno potuto recuperare la loro naturalità, e possono essere osservati sotto una luce diversa, momentaneamente priva di preconcetti.
Spero che questa corrente possa crescere ed evolversi in simbiosi con la paleontologia, senza deviare eccessivamente nel campo della pura speculazione e dimenticando di basare i possibili adattamenti degli animali estinti sul meraviglioso mondo naturale che ci circonda.
Per il momento, incuriosito dalle possibilità di questa "nuova" visione dei dinosauri e speranzoso anche del fatto che essa possa ispirare nuove ricerche e revisioni di fossili già noti ( .... non esistevano Velociraptor piumati quando non si sapeva dove cercare) vi lascio con una chicca, una bellissima, quanto rara, tavola rappresentante dei sauropodi (? Camarasaurus) protopiumati, probabilmente restaurati dopo Tianyulong confuciusi.

lunedì 18 marzo 2013

The biggest theropod dinosaur in the world

Il titolo del post è un cliché che affolla topic forum e blog della rete, un argomento trattato da molti, da tutti forse, seppur con approcci diversi ed argomentazioni più o meno solide ed aggiornate.
I contendenti (scelti quasi arbitrariamente dal grande pubblico*) in gara per il primato del "più grande predatore che abbia mai camminato sulla faccia della Terra" sono generalmente tre:

-il Megalosauridae Spinosaurus aegyptiacus
-il Tyrannosauridae Tyrannosaurus rex
-il Carcharodontosauridae Giganotosaurus carolinii

Tutti questi animali hanno i numeri e le caratteristiche necessarie per essere considerati i "carnosauri" per eccellenza, ed entrare nell'immaginario collettivo, tuttavia ritengo che alla base di questa diatriba paleomediatica vi sia una certa ignoranza inerente agli stessi taxa sopracitati.
Questi animali infatti, oltre ad essere vissuti in luoghi ed epoche differenti (dato acquisito ma ignorato dai più) possedevano anche abitudini alimentari/predatorie diverse, risultato di specializzazioni selettive atte a garantire ai teropodi la maggior percentuale di successo all'interno dei rispettivi ecosistemi.
Tali adattamenti sono riscontrabili nella morfologia degli animali, intrinsecamente ricca di informazioni riguardanti gli esseri viventi e  fonte  primaria di conoscenza delle creature estinte (poichè direttamente studiabile dai paleontologi), che appare fortemente differente in tutti e tre i taxa-beniamini degli amanti del teropode gigante.
Ma andiamo ad analizzarli nel dettaglio:

Spinosaurus aegyptiacus-  Entrato prepotentemente nella top 3 dei superpredatori mesozoici dopo la sua comparsa nel ruolo di protagonista nel terzo capitolo della saga di Jurassic park la sua fama sembra non venir scalfita nè dalla scarsezza di reperti fossili assegnati al genere nè dalla sua probabile dieta ittiofaga, anzi dopo lo studio di Dal Sasso et al.(2005) del rostro custodito al museo di storia naturale di Milano si è subito sparsa la voce, poi divenuta leggenda, che l'animale da vivo avrebbe misurato sedici metri di lunghezza, divenendo di conseguenza il gigante tra i giganti.
Io ho già espresso il mio parere in merito in un post precedente, ma a proposito vi linko questo post interessante di Dave Hone riguardante le dimensioni probabili di Spinosaurus (e non solo...), mentre io (per quanto possibile)comincio invece a delinearne un profilo all' interno del suo habitat.
Spinosaurus visse 100 milioni di anni fa, nell'area dell'attuale nord Africa, in uno degli ecosistemi più apparentemente bizzarri di cui si abbia notizia, a causa del suo squilibrio tra predatori e prede in cui i primi appaiono abbondare oltre la disponibilità di sostentamento offerta da queste ultime.
Dalle formazioni Kem Kem e Bahariya infatti sono emersi numerosi fossili di teropodi di taglia medio/grande, e dato ancora più straordinario diverse linee di Carcharodontosauridi, forse coesistenti, probabilmente specializzate nell'abbattimento delle prede di  grandi dimensioni presenti nell'ecosistema cenomiano del nord Africa.
D'altro canto Spinosaurus si specializzò invece nella caccia lungo i corsi d'acqua, equipaggiato di un cranio allungato adatto alla pesca e probabilmente di grossi artigli ad uncino (sulla base di Baryonyx) capaci di catturare prede scivolosi come i pesci.
Adattati a nicchie ecologiche diverse i grandi predatori africani del medio Cretaceo non entrarono in competizione diretta per le risorse, e probabilmente proprio questa estrema e diversificata specializzazione dei teropodi stava alla base del mantenimento dell'equilibrio di questo ecosistema unico.

Tyrannosaurus rex- Il Re incontrastato per oltre un secolo, star di qualsiasi articolo riguardante i dinosauri.
Tyrannosaurus è il più grande dei Tyrannosauridi, e possiede un insieme di caratteristiche uniche che lo resero uno dei predatori più versatili del Cretaceo.
Queste caratteristiche si concentrano prevalentemente nel cranio e negli arti posteriori dell'animale, e rendevano T.rex un predatore potente e veloce.
Il cranio (caratteristico) è robusto e leggero, costruito per incassare i colpi delle prede che si dibattono e per "assorbire" la tremenda forza generata dal morso dello stesso animale, quantificata da Bates e Falkingham (2012) in 5 tonnellate.
Tuttavia Tyrannosaurus, grazie al suo status di coelurosauro, possiede una marcia in più, l'arctometatarso, una raffinata struttura podalica in cui il terzo metacarpale si incunea tra i due adiacenti, riducendosi prossimalmente mentre i metacarpali del secondo e del quarto dito convergono.
Tale struttura podalica permette all'animale di poter ammortizzare le forze di reazione del terreno durante la corsa, evitando la dislocazione dell'arto mediante il compattamento dei metacarpali ( ulteriori informazioni sul funzionamento dell'arctometarso qui).
Queste caratteristiche unite alle informazioni che possediamo in merito all'ecosistema Maastrichtiano del nord America ci permettono di costruire un idea riguardo al comportamento predatorio di Tyrannosaurus rex.
Sappiamo infatti che 67 milioni di anni fa in nord America i sauropodi erano rari, abbiamo solo testimonianza del gigantesco Alamosaurus, probabilmente troppo grande per temere qualsiasi predatore in età adulta, mentre ceratopsidi ed ornitopodi erano comuni.
Sulla base dei segni rimasti impressi nei reperti fossili sappiamo che questi erano prede comuni di Tyrannosaurus, in grado sia di inseguire gli ornitopodi sia di abbattere prede potenzialmente aggressive come i ceratopsidi.
Inoltre data la mancanza di prove fossili attribuibili ad altri  predatori medio/grandi del Maastrichtiano nordamericano, ed alle accentuate caratteristiche cursorie riscontrate nei giovani di Tyrannosaurus rex è probabile che essi occupassero nicchie ecologiche diverse rispetto agli esemplari adulti, prediligendo cacciare prede più piccole e veloci.

Giganotosaurus carolinii- Il primo teropode rinvenuto capace di far vacillare il primato secolare di T.rex, un allosauroide gigante proveniente dal sud America e divenuto ben presto un'icona del gigantismo teropodologico.
Esso, nonostante fosse dotato di arti posteriori relativamente corti non presenta nessun particolare adattamento cursorio, anzi pare essersi evoluto per cacciare prede di ben altro spessore, tipiche del suo habitat, i sauropodi.
Come molti altri allosauroidi infatti Giganotosaurus possedeva un ampiezza boccale maggiore rispetto alla media dei teropodi,che gli permetteva di assestare morsi penetranti su grandi superfici, quali i fianchi dei sauropodi, che venivano vinti non dalla forza del morso, ma dal dissanguamento provocato dalle ampie ferite inferte.
Tale dato è ancora una volta convalidato dall'ecosistema di provenienza del teropode, in cui vivevano almeno due linee evolutive di titanosauri giganteschi, probabilmente inattaccabili durante la piena maturità, ma vulnerabili quando giovani o malati.

I 3 taxa candidati a diventare i mostri sacri del mesozoico quindi si presentano molto più complessi ed interessanti di quanto possano esserlo delle mere estrapolazioni numeriche sulle loro dimensioni, comunque probabilmente comprese tra i 12 ed i 14 metri in linea con lo standard dimensionale dei teropodi giganti.

giovedì 14 marzo 2013

Botte da Orbi e Pachycephalosauri

Dopo la plausibile ontogenesi proposta da Horner e Goodwin per Pachycephalosaurus vi propongo un altro studio effettuato sul sauro dalla testa a cupola, riguardante questa volta un singolo reperto aberrante, rinvenuto in Montana nel 2001, e descritto nel dettaglio da Farke et al. nel 2012.
Nello specifico si tratta del campione BMR P2001.4.5, una singola cupola frontoparietale attribuibile a P.wyomingensis sulla base della morfologia e dell'ampiezza della stessa recante due grandi depressioni ovali sulla superficie dorsale, accompagnate da numerosi fori circolari di dimensioni inferiori lungo tutta la superficie del margine delle depressioni maggiori.
Al fine di identificare l'origine di queste strutture gli autori hanno sottoposto il reperto a tomografia computerizzata, confrontando poi i dati ottenuti con lesioni o deformazioni ossee riscontrate in arcosauri estinti e viventi, giungendo alla conclusione che esse siano imputabili ad Osteomielite, un infezione del tessuto osseo di origine batterica o micotica riscontrabile in caso di traumi accompagnati da fratture esposte.
Il campione infatti non presenta i segni tipici dell'erosione causata da agenti atmosferici, ne sono stati ritrovati indizi di alterazioni dovute a comportamenti saprofagi di altri animali o insetti.
Analogamente  gli autori descrivono un riassorbimento osseo non traumatico come causa poco probabile per le lesioni presenti su BMR P2001.4.5, e riportano invece come dato a favore di un origine traumatica per le stesse la circoscrizione delle depressioni e dei fori, distribuiti sulle regione più spessa della cupola che ben corrisponde alla posizione di patologie traumatiche derivanti da comportamento agonistico intraspecifico.
Inoltre la presenza di ispessimento del tessuto osseo osservato esclusivamente sui margini delle depressioni porterebbero ad ipotizzare che la ferita abbia subito un processo di guarigione, e che di conseguenza l'animale sia sopravvissuto a lungo dopo il suo infortunio.
Altre analisi su differenti crani di Pachycephalosauridi potrebbero in seguito rivalutare alcuni elementi precedentemente identificati come sintomi di erosione o di alterazioni tafonomiche come prove di un comportamento agonistico esteso a diversi generi della famiglia, o fornire elementi a favore (o discapito) della teoria ontogenica proposta da Horner e Goodwin, in quanto è plausibile ipotizzare che fossero gli individui maturi a sfidarsi in scontri testa a testa.
Momentaneamente BMR P2001.4.5 resta l'unico campione noto con impressi i segni di un duro scontro frontoparietale con un altro corpo contundente, indicatore del fatto che le cupole in Pachycephalosaurus non fossero lì solo per bellezza.

Sotto- La cupola frontoparietale aberrante di BMR P2001.4.5 (immagine inserita a puro scopo didattico proviene da Farke et al. 2012)

martedì 12 marzo 2013

Ontogenesi craniale estrema

In questo blog mi sono più volte occupato delle recenti sinonimizzazzioni di Taxa effettuate sulla base di variazioni ontogeniche più o meno evidenti, come nel caso del famigerato "Toroceratops"(si, proprio la controversa teoria di Scannella e Horner), della meno famosa serie ontogennica di Edmontosaurus, che ha ridotto sensibilmente il numero di generi e specie di Adrosauri presenti in nord America nel Maastrichtiano, e della sinomia tra Paluxysaurus e Sauroposeidon, che ha portato quest'ultimo ad abbandonare il suo status di Brachiosauride per entrare a pieno titolo in Titanosauriformes.
In questo post parlerò di un'altra serie ontogenica, proposta nel 2009 da Horner e Goodwin, riguardante i Pachycephalosauridi della formazione Hell Creek.
Credo che ovunque questa teoria abbia fatto molto meno scalpore rispetto a quella sopracitata  che vorrebbe ridurre Triceratops e Torosaurus ad un unico Taxon, tuttavia sono certo che al di fuori del nostro Paese sia stata abbastanza divulgata e dibattuta, mentre da noi non ha ricevuto grandi attenzioni e penso che non sia stata lanciata nessuna iniziativa per salvare Dracorex o Stygimoloch dall'estinzione tassonomica.... ma ora rischio di perdermi parlando di fenomeni sociologici, quindi taglio corto e mi limito ad esporvi lo studio di Horner e collega:
Essi, dopo aver analizzato 21 elementi craniali attribuiti a Dracorex hogwartsia, Stygimoloch spinifer e Pachycephalosaurus  reinterpretano i Taxa come facenti parte di una scala ontogenica, e di conseguenza ri-attribuiscono tutti i reperti ad essi riferiti ad un unico genere e specie, Pachycephalosaurus wyomingensis.
Per giungere a questi risultati i ricercatori hanno utilizzato analisi istologiche e tomografie comouterizzate della morfologia dei crani, giungendo alla conclusione che i caratteri diagnostici individuati in Dracorex e Stygimoloch sono in realtà attribuibili ad una profonda rimodellazione del cranio che avverrebbe in maniera diffusa in Marginocephalia tra l'infanzia e l'età adulta.
Nel caso specifico gli autori attraverso le diverse elaborazioni digitali hanno individuato diversi caratteri della cupola frontoparietale e degli ornamenti cornei/nodosi presenti nei Taxa, che pur modificandosi nel corso del tempo restano identificabili come punti di riferimento morfologici, e grazie alle analisi istologiche hanno potuto evidenziare caratteristiche giovanili non identificabili ad occhio nudo sul cranio degli individui ritenuti subadulti dagli autori, come una sutura intrafrontale aperta rinvenuta sul cranio di Stygimoloch interpretata come prova di uno stadio di sviluppo non completo.
Dallo studio di Horner e Goodwin infatti emerge che P.wyomingensis avrebbe mantenuto caratteristiche giovanili per circa il 50% della sua vita (plausibilmente fino alla maturità sessuale), mostrando una cupola bassa ed appena abbozzata durante l'età giovanile, aumentando poi la lunghezza del cranio e la prominenza della cupola al progressivo avvicinarsi dell'età adulta.
Caso strano della questione  (non dimenticato dagli autori) sono gli ornamenti dello squamoso, che contrariamente alla cupola frontoparietale si mostrano in modo più prominente nelle forme considerate immature rispetto a quanto appare negli esemplari maturi, presentando una corrispondenza 1:1 tra Dracorex e Stygimoloch non rispecchiata nei crani di Pachycephalosaurus che presentano nodi smussati invece di vere e proprie corna.
Tuttavia secondo gli autori tale circostanza sarebbe conseguenza dell'estrema modificazione di questa parte del cranio e dell'espansione della volta cranica.
A supporto di tale idea essi riportano DMNS 469, l'olotipo di "Pachycephalosaurus reinheimeri", consistente in una cupola parziale dotata di ornamenti dello squamoso che possono essere definiti come a metà strada tra corna e nodi, in accordo con l'idea degli autori.
Oltre a tali considerevoli variazioni morfologiche le analisi istologiche hanno anche evidenziato come durante la crescita P.wyomingensis sviluppi una cupola più densa e ricca di ossa metaplastiche, quasi priva delle vascolarizzazioni rinvenute negli esemplari immaturi.

Sotto-Punti di riferimento morfologici sul cranio di vari esemplari di P.wyomingensis a diversi intervalli ontogenici e ricostruzione scheletrica.

sabato 9 marzo 2013

Spinosaurus: speculativo ma non troppo

Qualche giorno fa, setacciando la rete a caccia di alcune fotografie ritraenti l'ennesimo  reperto attribuibile a Spinosaurus finito nelle mani di un collezionista privato (argomento che spero di poter ritrattare presto con novità importanti), mi sono imbattuto in questa interessante immagine ritraente, come sottolinea lo stesso autore (Miyess), una versione speculativa di Spinosaurus.
Nel caso specifico gli elementi speculativi inseriti dall'artista riguardano alcuni adattamenti evolutivi che Spinosaurus, così come gli altri Spinosauridi, avrebbe potuto sviluppare a causa della sua particolare paleobiologia, che lo avrebbe spinto a spendere gran parte del proprio tempo in acqua, od in prossimità di essa.
L'autore infatti nella descrizione della sua opera cita un'analisi condotta nel 2010   da Amiet et al. sui valori isotopici dell'ossigeno presenti nei fosfati dei denti di Spinosaurus (analisi descritta nel dettaglio qui) che dimostrerebbe che il
genere era solito passare in acqua molto più tempo rispetto ad altri teropodi, e partendo da questo dato assume per il "suo" Spinosaurus tre caratteristiche speculative, ossia:
1)Membrana nittitante.
2)Presenza di un fitto piumaggio isolante (penguin-like).
3)Presenza della cosiddetta ghiandola del sale.
Premettendo che l'autore indica questi adattamenti evolutivi come relativi alla caccia (leggi pesca) in acque ad alta concentrazione di sali minerali, quali delta dei fiumi, proverò ad analizzare la possibile presenza di tali elementi in un Taxon quale Spinosaurus basandomi, al solito, sulle (scarse) testimonianze fossili e sui parenti più prossimi dei dinosauri ancora in vita.
-Membrana nittitante: la plica semilunaris della conjunctiva, o membrana nittitante,è una terza palpebra trasparente presente in molte specie animali che si muove orizzontalmente sopra il bulbo oculare con lo scopo di idratare l'occhio o proteggerlo da agenti esterni.
Quest'organo si riscontra in diversi generi di rettili ed uccelli, mentre è piuttosto raro nei mammiferi, ed è particolarmente diffuso in quegli animali adatti ad uno stile di vita anfibio (come i coccodrilli) ed in diversi uccelli pescatori e non solo.
Tuttavia è interessante notare come molti predatori dotati di membrana nittitante usino la stessa sia per pulire gli occhi da eventuali residui di sabbia o sali sia per proteggere gli occhi durante la pesca in modo da non restare momentaneamente accecati dagli schizzi d'acqua o subire danni dalla preda che si dibatte.
Peccato che nella descrizione dell'opera sia dedicato così poco spazio alla membrana nittitante, che nonostante non fossilizzi, ritengo potesse essere presente, per i motivi sopracitati e non solo, in alcune famiglie di teropodi, tra cui Spinosauridae.
-Presenza di un fitto piumaggio isolante, simile a quello dei pinguini:  tra le tre caratteristiche speculative citate questa è quella che trovo in assoluto meno probabile, il piumaggio degli Sphenisciformes infatti è altamente specializzato, evolutosi parallelamente all'abbandono delle funzioni aviane in favore di uno stile di vita prettamente acquatico, e rende i pinguini degli efficacissimi nuotatori, capaci di raggiungere velocità straordinarie sott'acqua (25 km/h), in grado grazie al piumaggio isolante di vivere anche in Antardide, il continente più sterile del nostro pianeta.
Spinosaurus probabilmente vantava un tegumento osteodermico o protopiumato (oppurure un probabile mix), ma con ogni probabilità non possedeva un piumaggio così fitto ed elaborato come quello ipotizzato da Miyess on Deviant Art.
-Presenza di ghiandola del sale: La ghiandola del sale è una ghiandola presente in diversi uccelli e rettili marini con lo scopo di espellere i sali in eccesso derivanti dall'acqua ingerita dall'animale o dalla sua preda, essa deriva probabilmente dalla trasformazione della ghiandola lacrimale, ed è localizzata nella regione post-orbitale.
In relazione alla premessa effettuata dall'artista anche questo adattamento non appare illogico, e sicuramente in mancanza di reperti più completi di crani attribuibili a Spinosauridae la presenza di un tale organo non può essere smentita categoricamente.

Sotto- A proposito di speculazioni uno scheletro articolato di Spinosaurus aegyptiacus

mercoledì 6 marzo 2013

Cure Parentali

Uno dei dibattiti più accesi riguardanti i dinosauri riguarda le cosiddette "Cure Parentali", ossia l'insieme di quei comportamenti attuati dagli animali al fine di accudire e proteggere la propria prole, aumentando così le possibilità di perpetuazione della specie.
Con questo post pro vero a dare un quadro generale delle possibili cure parentali atte dai dinosauri, basandomi principalmente su tre caratteri:
1) Evidenze fossili, ogni volta esse siano presenti.
2)Grado di parentela con uccelli o rettili attuali, utili per eventuali confronti etologici.
3)Mole degli animali e possibilità di iterazione con la prole.
Il nostro viaggio inizia in Mongolia, dove durante i primi anni '90 fu portato alla luce uno dei più straordinari resti di Oviraptoride, ossia il più completo (ma non l'unico) "ladro di uova" rinvenuto in posizione di cova sopra il proprio nido.
Nel caso specifico, si tratta di un esemplare di Citipati osmolskae, soprannominato "big mama" situato al di sopra di un gruppo di uova, disposte in cerchi concentrici, con le zampe allargate simmetricamente su ciascun lato del nido e gli arti anteriori, anch'essi allargati, e disposti in modo da poter coprire l'intero perimetro del nido con le grandi penne remiganti di cui erano dotati gli avambracci (display sessuale ed adattamento per la cura della prole, una "nuova" concezione dell'origine del piumaggio).
Come accennato prima, quello di Citipati non è l'unico caso di Oviraptoride rinvenuto durante la cova, in quanto questo è anche il caso di Nemegtomaia (da Fanti 2007) e probabilmente dello stesso Oviraptor, i cui primi ritrovamenti fossili erano associati a uova.
La cova, quindi per i dinosauri simili agli uccelli è una delle poche verità deducibili direttamente dai fossili, che però ci pone davanti ad un altro dilemma di più complessa risoluzione, ossia le cure parentali attuate dai dinosauri DOPO la schiusa delle uova.
Per provare a rispondere a questa domanda dobbiamo innanzitutto conoscere le capacità dei pulcini dopo la schiusa, ed anche in questo caso il cast fossile riserva delle piacevoli sorprese, in quanto conosciamo embrioni di dinosauri appartenenti a diverse superfamiglie (dai sauropodi titanosauri ai teropodi therizinosauri) e questi sembrano avere una caratteristica in comune che li separa dai pulcini degli uccelli attuali, la mancanza di inettitudine, ossia la capacità di muoversi e di provvedere a se stessi in maniera totalmente autonoma (o quasi).
È altamente improbabile quindi che essi fossero nutriti dagli adulti, come accade negli odierni nidi di molte specie di uccelli, mentre è ipotizzabile che i pulcini del Mesozoico cacciassero piccole prede in totale autonomia, senza dover "competere" con gli esemplari adulti per le risorse alimentari.
D'altro canto è possibile che le iterazioni tra genitori e prole non si estinguessero immediatamente dopo la schiusa delle uova, e che anzi molti dinosauri teropodi (inclusi alcuni di quelli incapaci di covare le uova a causa della mole) adottassero cure parentali simili a quelli attuate dai coccodrilli nei confronti dei loro piccoli, capaci come quelli dei dinosauri di badare a se stessi, ossia che si limitassero per un certo periodo a stare vicino ad essi, scoraggiando eventuali predatori con la propria presenza ed eventualmente intervenendo nel caso una possibile minaccia si avvicinasse troppo ad un giovane sotto lo sguardo vigile del genitore.
Inoltre esiste una testimonianza straordinaria di cure parentali protratte dopo la schiusa, data dal ritrovamento di un esemplare di Psittacosaurus sp.(piccolo ceratopside risalente al primo Cretaceo) sepolto insieme ai suoi 34 piccoli mentre cercava di proteggere la sua nidiata ponendosi sopra di essi in una probabile posizione di cova, e frapponendo il suo corpo tra i piccoli ed il cataclisma che li uccise.
Le cose cambiano radicalmente quando si parla delle cure parentali attuate dai grandi dinosauri erbivori, ed in particolar modo dai GRANDI dinosauri erbivori per antonomasia, i Sauropodi.
Per quanto riguarda la riproduzione di questi imponenti animali possediamo di un'istantanea del Mesozoico in Patagonia, nella località denominata Auca Mahuevo, in seguito al ritrovamento da parte di L.Chiappe nel 1997 di un terreno di nidificazione e deposizione di uova di titanosauri.
Queste uova, del diametro di 11/12 cm ed attribuite a Saltasaurus loricatus, venivano deposte in buche scavate nel terreno ad una distanza di circa un paio di metri l'una dall'altra, ed in una singola località come quella di Auca è possibile contarne a migliaia.
Questa abbondanza di uova, deposte da numerose femmine  in un unico luogo di cova ricorda la strategia riproduttiva di alcuni rettili attuali, che utilizzano la forza del numero per garantire prosperità alla specie.
L'altra faccia della medaglia di tale strategia, sono le scarse cure parentali che i genitori attuano nei confronti della loro numerosissima prole, tuttavia nel caso dei sauropodi, essendo gli adulti migliaia di volte più pesanti dei nascituri ciò si sarebbe rivelato vitale per gli stessi, che avrebbero rischiato di venir calpestati dagli stessi esemplari maturi, incapaci di interagire con i giovani proprio perché infinitamente più grandi e pesanti di essi.

martedì 5 marzo 2013

Dinosauri in Carne ed Ossa

Venerdì primo marzo ha aperto i battenti la mostra "Dinosauri in Carne ed Ossa", ospitata all' interno del parco di Villa Belvedere a Monza.
Un'occasione da non perdere per tutti gli appassionati di dinosauri di Lombardia e dintorni!
http://www.geomodel.it/dinosauri-in-carne-e-ossa/calendario.php

lunedì 4 marzo 2013

Il Collo più Lungo.... Forse

In un post precedente ho parlato di Huanghetitan, un titanosauro gigante proveniente dal primo Cretaceo cinese, in grado di rivaleggiare con i titani del sud America, ed in questo post, per la gioia di tutti gli amanti del genere, intendo rincarare la dose, spezzando un'altra lancia in favore dei giganti asiatici e parlando di un altro sauropode da record proveniente  dagli affioramenti cretacei del  bacino di Lanzhou, Daxiatitan binglingi, un Euhelopodidae gigante descritto da You et.al nel 2008.
L'olotipo di Daxiatitan ,GSLTZP03-001, è estremamente ben conservato, ed i reperti sono relativamente numerosi se confrontati con quelli attribuiti ad altri sauropodi giganti, e nel caso specifico comprende ventidue vertebre (dieci cervicali, dieci dorsali e due caudali), alcuni frammenti di costole (sia cervicali che dorsali), un cinto scapolare ed un femore, morfologicamente simili alle ossa di Euhelopus, dato che ha suggerito per Daxiatitan una posizione  relativamente basale all'interno del clade Titanosauria.
Sulla base di questa somiglianza, ed essendo l'olotipo di Euhelopus un individuo non pienamente maturo sono circolate voci secondo cui Daxiatitan sarebbe stato un esemplare adulto del genere, ma questo è assai improbabile in quanto mentre la lunghezza di quest'ultimo è stimata intorno ai 27/30 metri con difficoltà un esemplare adulto di Euhelopus avrebbe potuto supera re i venti metri.
Inoltre le proporzioni di Daxiatitan differiscono in maniera significativa da quelle di Euhelopus in quanto quest'ultimo presenta lo scapolacoracoide proporzionalmente più grande, e le spalle più alte rispetto a Daxiatitan, che tuttavia possedeva un collo più allungato, e probabilmente un numero di vertebre cervicali maggiore.
Sulla base della descrizione di Daxiatitan effettuata da You et.al (2008) infatti emerge che l'animale avrebbe avuto 19 vertebre cervicali, contro le 17 presenti in Euhelopus.
E proprio questa caratteristica rende Daxiatitan binglingi un sauropode da record.
Un numero così elevato di vertebre cervicali  (già riscontrato in alcune specie di Mamenchisaurus) unito alla forma allungata delle stesse porta ad un animale dotato di un collo lungo oltre tredici metri, e quindi probabilmente al collo noto più lungo di tutto il cast fossile risalente al Cretaceo inferiore, essendo addirittura più lungo del già straordinario collo di Sauropiseidon proteles ed in grado di rivaleggiare con l'infinito collo lungo quasi quindici metri ipotizzato per Supersaurus vivianae da Taylor e Wedel.
Tuttavia, in assenza di materiale fossile più completo è altresì plausibile ipotizzare che il titano di Daxia possedesse 17 vertebre cervicali, come il suo stretto parente, e che di conseguenza potesse vantare un collo lungo "solo" dodici metri, in ogni caso rientrante nella TOP-3 dei "colli lunghi".
D'altro canto, sulla base della morfologia delle due vertebre caudali rinvenute ed in accordo con la sua posizione filogenetica è possibile ipotizzare che Daxiatitan binglingi possedesse una coda relativamente corta e priva della terminazione a frusta, simile a quella dei brachiosauridi.

Sotto- silhouette ed parti dello scheletro rinvenute di Daxiatitan (by Eofauna on Deviant Art)

venerdì 1 marzo 2013

Super-Jimbo!

Prima che l'invasione dei titanosauri giganti stravolgesse le nostre idee riguardo i sauropodi, le voci inneggianti ai "giganti tra i giganti" provenivano dal nordamerica, ed alla fine degli anni '70 queste voci si imposero con grande fermezza, grazie alla forza evocativa dei nomi Supersaurus ed Ultrasaurus (poi mutato in UltrasaurOs poiché tale nome risultava già pre-occupato), sauropodi da record in grado di superare i 30 metri di lunghezza.
Oggi Ultrasaurus/Ultrasauros è riconosciuto come sinonimo junior di Supersaurus, diplodocidae da record i cui resti sono stati rinvenuti prima in Colorado e poi in Wyoming.
Nel 1972 Vivian Jones portò alla luce nella Dry Mesa Querry (Colorado) l'olotipo di S.vivianae,BYU 12962,uno scapolacoracoide (leggi cinto scapolare) di altezza superiore ai 2 metri, a cui furono attribuiti anche alcune vertebre cervicali parziali ed un ischio.
Durante scavi successivi, portati avanti dallo stesso Jones nella medesima area, vennero alla luce nuovi reperti attribuibili a sauropodi giganti, tra cui una vertebra dorsale indicata da Jones come olotipo del già citato Ultrasaurus ma successivamente individuata come appartenente allo stesso Supersaurus.
Fino a qui la storia di S.vivianae non è diversa da quella di altri sauropodi giganti noti solo per resti frammentari ed imbrigliati in questioni tassonomiche di difficile risoluzione, eppure quello di Supersaurus è un caso a "lieto fine", in quanto grazie a nuove evidenze fossili è stato possibile tracciare un profilo molto più limpido dell'animale gettando luce su alcuni dei misteri che lo avvolgevano.
Nel 1996 infatti in Wyoming venne alla luce un esemplare (WDC DMJ-021) ascrivibile al genere Supersaurus, completo per oltre il 60% dello scheletro, nonostante sia privo di cranio, che fu battezzato "Jimbo" dai suoi scopritori.
L'esemplare fu descritto solo nel 2007 da Lovelace et al., i quali misero in evidenza che il genere Supesaurus ha molti più tratti in comune con Apatosaurus rispetto a Diplodocus o Barosaurus, nonostante la struttura  relativamente leggera ed il collo lungo 10 metri e dotato di vertebre cervicali allungate avessero inizialmente portato i paleontologi a classificarlo come appartenente alla sottofamiglia Diplodocinae infatti essi inserirono S.vivianae all'interno di Apatosaurinae (famiglia comprendente i sauropodi più vicini ad Apatosaurus che a Diplodocus) a causa delle somiglianze scheletriche presenti tra i generi, ed riguardanti specificatamente le vertebre dorsali dotate di alte spine neurali, la coda a frusta relativamente corta e la morfologia delle vertebre.
Oltre la sua posizione filogenetica gli autori indicarono per l'animale una lunghezza di 34 metri ed una massa compresa tra le 30 e le 40 tonnellate, in linea con la struttura leggera dei Diplodocidi, e realizzarono una copia in vetroresina dell'esemplare utilizzata durante un expo in Giappone ed oggi esposta al Wyoming dinosauri center.

Sotto- Restaurazione in vita di "Jimbo the Supersaurus"