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sabato 2 febbraio 2013

Lambesaurinae gigantism

Lambrosaurinae è probabilmente la sottofamiglia ornitopode più rappresentativa, a causa degli ornamenti cranici tipici dei Taxa che la compongono.
Le taglie XL tra questi dinosauri non sono rare, tanto che lunghezze dell'ordine dei 7/8 metri sono di fatto la norma per questi animali.
Tuttavia William J. Morris nel 1981 descrisse dei fossili di ornitopode provenienti dal Messico appartenuti ad un animale della massa di almeno 15 tonnellate, e probabilmente avente una lunghezza superiore ai 14 metri, da lui battezzato ?Lambeosaurus laticaudus.
L'olotipo di ?L.laticaudus , LACM 17712, tuttavia non era eccezionale solo per le sue dimensioni, ma anche (se non principalmente) per il fatto di aver conservato delle tracce della pelle dell'animale, una sorta di calco naturale recante i segni degli osteodermi che componevano l'epidermide del lambeosaurino.
Per trentuno anni ?Lambeosaurus laticaudus fu generalmente considerato come specie valida del genere Lambeosaurus, finché nel 2012 Marquez et al sulla base dell'olotipo della specie e dei reperti ad essa correlati istituirono un nuovo genere che potesse accogliere il gigante dal becco d'anatra: Magnapaulia laticaudus (si, un nome abbastanza triste).
Sulla base della ri-descrizione effettuata dagli autori Magnapaulia appare come un lambeisaurino dalle dimensioni di un piccolo sauropode diagnosticato da due autapomorfie (tratti unici derivati) individuate nell'olotipo, ossia chevron lunghi quattro volte il centro vertebrale alla base della coda e la presenza sulla di processi articolari detti prezigapofisi.
Inoltre tra le caratteristiche del Taxa una delle più evidenti è l'altezza delle spine neurali delle vertebre dorsali e caudali che avvicinano Magnapaulia al lambeosaurine Velafrons coahuilensis (anch'esso Messicano) più che a Lambeosaurus sp.
Un altro dato interessante è l'assegnazione al Taxa di LACM 17.712, un reperto fossile comprendente un omero gigantesco, della lunghezza originale stimata di 803 mm, che suggerisce che le grandi dimensioni e la mole degli ornitopodi giganti portassero questi animali a muoversi esclusivamente -o quasi- poggiando sui quattro arti, e che per questa ragione svilupparono arti anteriori proporzionalmente più grossi e robusti rispetto agli esponenti della famiglia più piccoli.
Nonostante i reperti assegnati al genere permettano di ricostruire quasi completamente lo scheletro dell'animale non si dispone attualmente di alcun teschio completo, quindi seppur la superficie dorsale delle ossa frontali altamente modificata indichi la presenza di una cresta ossea sul capo dell'animale la forma della stessa è ignota.

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